LA LEGGENDA DELL’AGLIO LO SCACCIA VAMPIRI

Tantissimi anni fa, quando gli Dei comandavano sulla terra, viveva alle falde del monte Olimpo un pastore di nome Allio.
Allio era un ragazzo bello, simpatico e molto socievole ma, con un difetto: aveva la lingua lunga…
Poiché la sua parlantina era divertente, erano tante le persone che si fermavano a scambiare quattro chiacchiere con lui, Dei compresi. Ambizioso e anche un po’ spregiudicato certe volte si lasciava andare al pettegolezzo, così… tanto per vivacizzare gli animi della gente e mettere zizzania, specialmente se questi erano personaggi importanti come gli Dei:
“Sai, ieri ho incontrato Pallade Atena, (diceva ad Afrodite) e mi ha confidato che l’altra sera indossavi la tua cintura per nascondere quei tre chiletti che ultimamente hai messo su…”
E all’altra invece riferiva: “Sai che cosa va dicendo Afrodite di te? Che metti sempre l’elmo per nascondere un’alopecia che non riesci a curare…”
Ares poi, con quel carattere da guerrafondaio che aveva, permaloso e nevrotico com’era si prestava proprio bene ai suoi scopi perciò, non esitava a calunniare Ermes riferendo che gli aveva “sentito dire” che una di queste notti gli avrebbe fatto una “visitina” per portargli via altre pecore…
Hera poi, gelosa com’era di Zeus… si offriva proprio ad essere pane per i suoi denti.
Perciò gli Dei ogni volta litigavano ferocemente tra loro, e si sa che quando i potenti sono nervosi ad andarci di mezzo sono sempre i semplici umani, prestando il fianco a Efesto che con la scusa, collaudava direttamente su di loro i fulmini forgiati nella sua fucina.
Apollo si scatenava a guidare come un pazzo incosciente il carro del Sole provocando temperature altissime sulla terra; Poseidone non controllava più i maremoti; Eolo soffiava bufere a più non posso e Eros nel tiro all’arco non ne azzeccava più una.

Gli umani, esasperati, un giorno indissero una grande manifestazione e con cartelloni sovversivi innalzati scesero in piazza a contestare la condizione in cui erano costretti a vivere:
“Siamo stufi di subire! Allio alla forca! Ora basta! Zeus pensaci tu!”
Si riunì un tribunale solenne, composto dal un vertice divino e da un sindacato di umani. E anche se i primi non risultarono totalmente innocenti, perché in fondo erano stati proprio loro che avevano istigato il pastore a riportare le malignità dette, fu alla fine, Allio ad andarci per le piste.
Difatti Zeus, con voce tonante emise la terribile sentenza:
“Tu che ci tenevi tanto a metterti in mostra, sarai costretto invece, a vivere lontano dagli occhi di tutti. E chi vorrà avere a che fare con te, lo dovrà fare di nascosto e solo sotto la propria responsabilità.”
Così Allio fu tramutato in aglio, bulbo che vive nascosto sottoterra; e chi lo mangia non può certo nasconderlo a nessuno, perché l’alito forte che emana è cattivo come le parole che uscivano ad Allio dalla bocca quando si divertiva a spettegolare.

Presso la Valle del Nilo invece, l’aglio era associato al dio Sokar, dalle sembianze di uomo mummificato con la testa di falco ad ali spiegate.
Protettore della necropoli di Menfi e marito di Sokaret “la Signora della Vita”, fu identificato con Ptah (il demiurgo, colui che pone in essere la volontà creatrice divina) ed anche con Osiride. Il suo appellativo era infatti quello di “Rastau” ovvero il guardiano dell’imboccatura del regno sotterraneo di Osiride.
In effetti già in antichità erano attribuite ai piccoli bulbi bianchi delle doti terapeutiche (gli antichi Egizi ne mangiavano uno spicchio al giorno), un fatto confermato di recente anche dagli studi medici e scientifici.
Presso i Greci e i Romani invece, all’aglio erano attribuite le qualità di guarigione di Ecate, la dea della Magia e del Mistero e a quelle di Marte, Dio della Forza, dell’Azione e della Giovinezza.

Aristotele ne celebra le virtù corroboranti, tali da garantire ai poveri la forza e l’energia necessarie al loro sostentamento. La Scuola Salernitana lo consiglia come antidoto per i veleni e, secondo alcuni “…caccia fuori dal corpo i vermi larghi, provoca l’urina, e giova ai morsi delle vipere”.
Nella Medicina Popolare Siciliana, veniva usato per combattere la paura e la febbre che ne fosse derivata. Se ne sottolinea le virtù antisclerotiche, fluidificanti del sangue, dissolventi dell’acido urico, diuretiche, antigottose, antiartritiche, antisettiche intestinali e toniche. Lo si considera il più potente ipotensore naturale e se ne ribadisce le virtù vasodilatatrici delle arterie, dei capillari e cardiotoniche specialmente in caso di affaticamento cardiaco, tachicardia, spasmi vascolari, disturbi circolatori, ipercoagubilità sanguigna.
Inoltre l’aglio è considerato “L’Erba degli Equinozi” e se ne raccomanda l’utilizzo all’inizio della Primavera e dell’Autunno per una durata di 21 giorni, con finalità depurative e di riequilibrio generale.

Etimologia: dal Celtico “Al” – caustico, caldo, bruciante
In Sanscrito: “Buthagna” – uccisore di mostri

E a proposito di mostri, perché mai l’aglio dovrebbe tenere i vampiri alla larga dal nostro collo? La risposta è nelle sue proprietà antiparassitarie naturali (reali e dimostrate come si è già letto) che – per chi ci crede – diventerebbero utili anche nella notte di Halloween.
Del resto quale rimedio migliore per tenere lontani questi “parassiti” che rubano la linfa (il sangue) agli uomini per sopravvivere? La soluzione secondo la tradizione è appunto l’aglio, antibatterico naturale e a buon mercato per tutti!
Nell’antichità si metteva l’aglio nelle case come protezione dal malocchio e per allontanare gli spiriti maligni.
Ed è testimoniato anche, il tradizionale ricorso all’aglio in caso di parassiti (veri) intestinali. Questi infatti potevano portare agli ammalati sonni burrascosi e ricchi di incubi. Il rimedio? Una collana d’aglio secco da appendere in prossimità del letto e così gli aromi dell’aglio (con doti antibatteriche e vermifughe) riuscivano ad allontanare ogni cattiva visita notturna.
Provare per credere!!!

Sognare l’Aglio:

Marisa scrive:
questa notte ho sognato che avevo addosso l’odore dell’aglio e tutti mi evitavano.
Risposta:
questo sogno evidenzia la paura di avere una cattiva reputazione. E’ così?

Nunzio scrive:
questa notte ho sognato di mangiare tanto aglio.
Risposta:
mangiare l’aglio può significare di avere la necessità di purificarsi. Controlla la tua alimentazione.

Autrice: Manuela Mariani

La Maledizione di Cassandra (L’incomunicabilità)

Quanto si sentiva bella e affascinante Cassandra nel far innamorare Apollo, il regale Apollo, il dio che con la mente tutto illumina sulla terra e che nel Sole ha il suo occhio che tutto vede!

Il dio che perde il senno per una donna, questa era davvero lusingante! Ed allora perché non approfittarne per ricevere da colui che tutto vede, la vista di ciò che verrà? Se il dio la voleva a tal punto, perché non approfittarne per ricevere il dono della preveggenza e divenire tra i mortali tanto potente da non avere pari? E poi? Che fare di un dio che si era così tanto umiliato, che era sceso a compromessi con la sua regalità per soddisfare un desiderio di voluttuosa brama? Non era forse vero che le uniche vestigia dell’amore che una donna poteva ricevere da un dio erano pregne di vergognose sciagure? Lo avrebbe svergognato di fronte a tutto l’Olimpo e se ne sarebbe andata con il suo dono estorto attraverso una promessa d’amore.
Povera Cassandra, ignara di quanta sciagura si sarebbe attirata addosso!

Figlia di Priamo, re di Troia e della sua sposa Ecuba, Omero la chiama “la più bella tra le figlie di Priamo e di Ecuba”.

Secondo una versione mitologica, Cassandra un giorno si addormentò nel tempio di Apollo. Nel vederla il dio si invaghì di lei e subito la investì con la sua bramosa irruenza, assediandola con frenesia, forzandola ad accettarlo e pur di averla le promise di istruirla nell’arte della profezia. Cassandra, confusa, cominciò a concedersi, e lui, preso da un’euforica fretta le fece subito dono della profezia. A questo punto Cassandra cambiò idea negandosi al dio e decidendo di rimanere vergine, e il dio del Sole, colmo di ira e di sdegno la maledisse sputandole in bocca.

Poiché una promessa era uguale ad un giuramento Apollo, non potendola ritirare punì la sua superbia trasformando quanto le aveva concesso in una maledizione, e cioè a non essere creduta, e lei, che in questa preveggenza aveva sognato potere e rispetto si ritrovò reietta dagli uomini, come chi appunto porta un fardello non adatto a spalle umane, fardello perciò misterioso e minaccioso, ricolmo di malaugurate sciagure e di strazianti catastrofi.

Tanto è dannoso al genere umano il voler acuire la vista oltre il limite che gli è stato imposto dalla sorte.

L’incomunicabilità nei sogni:

Flavio scrive:

La scorsa notte ho sognato di non poter parlare perchè avevo paura di qualcosa che nel sogno non riuscivo a identificare; avevo la sensazione che una tragedia si stava abbattendo improvvisamente. Ero paralizzato e non usciva nessuna parola dalla mia bocca, così non potevo farmi capire, comprendere. Era qualcosa di pauroso che avvertivo soltanto io, perché le persone intorno a me sembravano serene e non percepivano nessun pericolo. Non ero in grado nemmeno di urlare, gridare, farmi sentire dagli altri. Che significato può avere questo sogno?

Risposta:

Alcune persone durante certi sogni, sentono un senso di paralisi davvero inquietante al punto di svegliarsi improvvisamente con un senso di terrore. Come se ci si trovasse in un mondo parallelo in cui chi sogna può vedere e sentire gli altri ma gli altri non si accorgono dell’altro; è una percezione allarmante perché si vive una sensazione di morte. Questi sogni indicano che il sognatore ha una enorme difficoltà a farsi capire e comprendere in primis dalla famiglia e poi dal mondo esterno. E’ ciò che in questo momento della tua vita ti sta succedendo?

Autrice: Manuela Mariani

I ragni nei sogni

Il mito di Aracne

ragnatelaPallade Atena ascoltò con molto interesse il canto delle muse e concordò con loro la giustificata indignazione verso Aracne che si vantava di essere più brava di lei nell’arte della tessitura. Punta nel vivo, decise di dare una bella lezione all’impudente popolana figlia di Idmone di Colofone che aveva osato offendere la sua maestà.
Malgrado le sue umili origini, Aracne si era fatta una certa fama come abile tessitrice della lana tanto che, per vedere i suoi meravigliosi lavori, le ninfe del Timòlo lasciarono i loro vigneti e quelle del Pactòlo le loro acque e vederla filare era un vero spettacolo. Nell’osservarla lavorare la lana, si capiva subito che la sua maestria veniva da Atena, ma lei sosteneva il contrario e, invece di essere fiera di cotanta maestra, diceva impermalita di essere pronta a gareggiare con lei.
La dea, nella sua magnanima indulgenza, pur di dare una possibilità di salvezza ad Aracne, si travestì da vecchia imbiancandosi un po’ i capelli e, sorreggendosi a un bastone per sembrare piena di acciacchi, le suggerì di smettere di competere con gli dei dell’Olimpo e di accontentarsi di essere la più grande tessitrice tra i mortali. Se le avesse dato retta, proseguì a dire la vecchia, magari, Atena non le avrebbe di certo rifiutato il suo perdono. Ma lei niente! Fu irremovibile. Anzi, innervositasi, a stento si trattenne dal percuoterla rispondendole che certi consigli non richiesti poteva darli a sua nuora, se ne avesse avuta una oppure, a sua figlia e che lei invece era pronta a sfidare la dea.
A tanta provocazione la dea si svelò e, mentre tutti le si prostrarono davanti, lei, l’arrogante Aracne, rimase impassibile e caparbia nella sua posizione.
Cominciò in questo modo la gara tra le due, una di fronte all’altra, con le teste chine sui telai “il pettine di canna tiene distinti i fili, la spola appuntita inserisce la trama, con l’aiuto delle dita, e i denti intagliati nel pettine, dando un colpo, comprimono la trama passata tra un filo e l’altro. Lavorano tutte e due di lena…mettono nel tessuto porpora che ha conosciuto la caldaia di Tiro, e sfumature delicate, distinguibili appena: così quando la pioggia rifrange i raggi solari, l’arcobaleno suole tingere con grande curva, per lungo tratto, il cielo…Anche intridendo i fili di duttile oro, e sulla tela si sviluppa un’antica storia.” [1]
Pallade dipinse gli dei assisi sugli alti scanni con aria grave e maestosa. Rappresentò Zeus al centro nella figura di un re, e tutti gli altri undici nelle loro più importanti imprese. Rappresentò se stessa raffigurata con lo scudo, con una lancia dalla punta acuta, con l’elmo in capo e il petto protetto dall’égida mentre percuote una pallida pianta d’olivo e, infine, la scena della propria vittoria.
Aracne invece, dipinse Europa, ingannata da Zeus quando prese la falsa forma di toro per rapirla. Dipinse Leda, sdraiata sotto le ali del cigno/Zeus e lo stesso, che fattosi oro inganna Danae per possederla. Denunciò sulla sua tela tutti gli inganni di suo padre Zeus ma anche di tutti i suoi divini zii e fratelli.
Nel vedere certe immagini, la bionda dea guerriera ci rimase malissimo e, in preda all’ira fece a brandelli la tela che illustrava a colori le colpe degli dei. Poi, con la spola di legno colpì sulla fronte Aracne tre, quattro volte finché la poveretta non corse ad infilare il collo in un cappio per rimanerci a penzolare.
Vedendola pendere, Atena la maledisse e la trasformò dicendo: “vivi pure, ma penzola, malvagia, e perché tu non stia tranquilla per il futuro, la stessa pena sia comminata alla tua stirpe e a tutti i tuoi discendenti!” [2]
Le spruzzò addosso succhi di erbe infernali che al solo contatto i capelli le scivolarono via e con essi il naso e gli orecchi. La testa divenne piccolissima a confronto a tutto il corpo mentre lo stesso prendeva dimensioni ridottissime ricoprendosi di peluria. Ai fianchi rimasero attaccate esili dita che fecero da zampe e tutto il resto divenne pancia.
Aracne fu trasformata in un attimo in ragno e da quel momento il suo destino fu quello di tessere la tela con la sua saliva per l’eternità.

Ma santa Aracne, dico io… tutta questa cocciutaggine per diventare ragno per l’eternità…mah! Mai mettersi contro i potenti, specialmente quando questi sono immortali e perciò non hanno niente da perdere.

Scrive Dante Alighieri (Purgatorio, XII, 43-45)
O folle Aracne, sì vedea io te
Già mezza ragna, trista in su li stracci
De l’opera che mal per te si fé.

Il significato del ragno nei sogni è molto interessante e, nonostante la repulsione che spesso provoca questo insetto, può indurre il sognatore a riflettere su ciò che teme che sia in “agguato” attorno a lui.
Il ragno vive al riparo della sua ragnatela, è un predatore, intrappola la sua vittima nella sua rete, la uccide e la paralizza.
Può essere un insetto pericoloso perché può iniettare veleno, ma nello stesso tempo, possiede una creatività che si esprime nella tessitura della sua tela, nella perfezione, nella accuratezza e nella pazienza con cui si dedica a tale opera, che ne fanno simbolo di energia vitale legata alla creazione ed al rinnovamento. La tela del ragno, infatti, fa pensare a un mandala, ed il filo argenteo e resistente che i ragni secernono rappresenta il legame con il Se’ superiore, con la divinità e lo spirito.
L’immagine del ragno nei sogni, è collegata agli strati più profondi dell’inconscio, e rappresenta contenuti che faticano ad arrivare alla coscienza, ecco perché si prova inquietudine, paura o pericolo al suo cospetto. Dice Jung: “Il ragno come tutti gli animali a sangue freddo o come tutti quelli che non hanno un sistema nervoso cerebro-spinale, ha la funzione nella simbologia onirica di rappresentare un mondo psichico che ci è estraneo al massimo….”(C.G. Jung- Un mito moderno- Opere vol.X- Bollati Boringhieri To).
Il simbolismo del ragno è spesso accostato ad un femminile divorante ed incombente che rimanda alla figura materna. Freud attribuisce al ragno il potere della madre che deve essere schiacciato per permettere al sognatore l’affrancamento dalla genitrice soffocante e andare verso una nuova compagna.

Sognare una ragnatela – Alfredo scrive:
Ho sognato di entrare in una casa che non conosco ma nel sogno era mia. Nell’aprire la porta ho toccato una ragnatela e non riuscivo più a liberare la mia mano da questo schifo anche perché, era buio e non avevo il controllo di ciò che stava succedendo. Ho appena acceso un mutuo potrebbe essere un motivo?

Risposta
La ragnatela è in generale da associarsi a sentimenti di angoscia o preoccupazioni, a conflitti che il sognatore si trova a vivere, in cui si sente soffocare, che lo fanno sentire in trappola o che lo spaventano. Se per te il mutuo che hai acceso è motivo di preoccupazione direi proprio di si. Ti senti forse in trappola? Dai, è vero che gli anni passano ma in compenso avrai la casa dei tuoi “sogni”.

Sognare un grosso ragno – Adele scrive:
Ho sognato di essere osservata da un grosso ragno. Il ragno si nascondeva e io ero così spaventata che pensavo solo a fuggire fino a che sono caduta. Presa dal panico mi sono svegliata in un bagno di sudore.

Risposta
Sognare un grosso ragno che si nasconde, può rappresentare un problema che non riesci ad affrontare, in cui ti senti “invischiata” o che non accetti a livello cosciente e quando lo avverti come minaccioso, può collegarsi a una situazione sgradevole che incombe nella realtà.

Autrice: Manuela Mariani

[1] Publio Ovidio Nasone – Metamorfosi VI – ed. Einaudi Torino 1979 pag. 213
[2] Publio Ovidio Nasone – Metamorfosi VI – ed. Einaudi – Torino 1979 pag. 217

Sognare il Pane

paneVi ricordate la bellissima trilogia “Pane amore e fantasia, Pane amore e gelosia e Pane amore e….” di Dino Risi? Il film narra le vicende del Maresciallo Carotenuto trasferito a Sagliena, un paesino sgarrupato e poverissimo dell’Italia centrale, nell’immediato dopoguerra. In questo luogo è stato trasferito il maresciallo Antonio Carotenuto (Vittorio De Sica) donnaiolo attempato che dovrà adattarsi alla monotona e tranquilla vita di paese. Accudito dalla domestica Caramella (Tina Pica), il maresciallo si barcamena, tra un pettegolezzo e una maldicenza, alla direzione della locale stazione dei carabinieri. Nel paese spiccano i personaggi della focosa e battagliera Bersagliera (Gina Lollobrigida) segretamente innamorata del timido carabiniere Stelluti e quello della levatrice Annarella, che alla fine si fidanzerà col maresciallo.
Il titolo è tratto da una delle battute del film. Il maresciallo Carotenuto (Vittorio De Sica) si rivolge a un contadino seduto su un gradino intento a mangiare: «Che te mangi?»
Contadino: «Pane, marescià!»
Maresciallo Carotenuto: «E che ci metti dentro?»
Contadino: «Fantasia, marescià!!»

Nella storia dell’umanità il pane è da sempre un alimento essenziale per la vita dell’uomo e ha un valore fondamentale e sacro. Nel libro de “I Promessi Sposi” Alessandro Manzoni descrive quello che Renzo Tramaglino (protagonista del romanzo) trova a Milano: La sera del 10 novembre del 1628 Renzo, proveniente da Monza giunge nel capoluogo lombardo presso porta Venezia. Quella sera Renzo nota dei fatti anomali, la gentilezza di un viandante a cui chiede indicazioni per la strada per il convento di padre Bonaventura, i gabellieri che lo lasciano passare senza fermarlo, le strisce bianche di farina per la strada e i pani sparsi qua e là per terra. Renzo si rende conto che Milano è afflitta da una carestia causata da circostanze naturali, dalla guerra e dal malgoverno. Il malcontento cresce e il giorno dopo l’11 Novembre 1628 scoppia nella città  una rivolta contro il prezzo troppo alto del pane.

Non avere pane significa ancora oggi avere fame, essere in difficoltà, essere povero. Ecco alcuni modi di dire rispetto al pane:
Pane al pane = essere schietti, dire le cose come stanno.
Buono come il pane = apprezzamento, positività.
Mangiare pane a tradimento = approfittarsene, non contribuire.
Spezzare il pane = condividere.
Guadagnarsi il pane con il sudore della fronte = lavorare sodo.
Pane per i suoi denti = scontrarsi con qualcuno che ne sa di più.
Chi ha il pane non ha i denti = non si può avere tutto nella vita.
Panem et circenses = pane e giochi del circo, cioè contentino per il popolo.
Non si vive di solo pane = è necessario soddisfare anche i bisogni spirituali.
Come  sa di sale il pane altrui! = è duro dipendere dagli altri.
Pane per la vecchiaia = essere previdenti, mettere da parte per il futuro.
Va via come il pane = un articolo che si vende bene.
Rendere pan per focaccia = vendicarsi.
Non è pane per i nostri denti = qualcosa al di fuori della nostra portata.

Fortemente investito di significato in ambito cristiano, il pane compare due volte in modo particolarmente rilevante nell’episodio evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci e nella cerimonia dell’Eucarestia, in cui il pane è assimilato alla vita e al corpo di Cristo. Da qui prende forma il pensiero superstizioso che sostituisce quello religioso nel credere che porti male buttare via o fare spreco del pane. Poiché si tratta di un nutrimento sacro, per ogni azione irrispettosa rivolta al pane si rischia di incorrere nelle peggiori disgrazie. Per esempio un’antica superstizione vuole che il pane posato al rovescio sulla tavola, abbia a che vedere con la figura del boia. Questa figura incuteva così tanto timore che nessuno doveva posare la mano su un oggetto che questi aveva toccato o che semplicemente era a lui destinato. Il fornaio perciò metteva al rovescio il pane destinato al boia per distinguerlo da quelli destinati alle persone “per bene”.

Nella storia dell’uomo il pane è diventato sinonimo di cibo, vita e benessere, dalla nascita fino alla morte. Fin dalle epoche più remote il pane fu al centro di cerimonie religiose, leggende, miti e usanze e, per scongiurare la fame e le carestie l’uomo chiedeva l’aiuto del soprannaturale.
Il popolo dei Sumeri, di stanza a Babilonia dall’inizio del III millennio a.C., credeva che il grano avesse un’anima e che gli dei si cibassero di cereali. In occasione di ogni pasto divino si offrivano quindi dei pani sacrificali. Gli antichi Egizi consacravano il primo campione di   cereali di ogni raccolto alla dea delle messi Hathor e donavano del pane ai morti affinché potessero cibarsene nell’aldilà. A Demetra, la dea greca della fecondità, durante la semina venivano offerti i primi semi.

In tempi più recenti rimase viva a lungo in Europa l’usanza di offrire il primo pane del nuovo raccolto a un viandante, che avrebbe potuto essere un inviato celeste o addirittura Dio stesso.
Il miracolo della moltiplicazione dei pani, riportato nel Nuovo Testamento, e soprattutto l’Ultima Cena sono fra i più noti episodi religiosi legati al pane. La preghiera del Padre nostro “Dacci oggi il nostro pane quotidiano…” ci ricorda il nutrimento spirituale necessario per la nostra anima.Ogni festa ha il suo pane, e pane e sale sono segno   di ospitalità e anche durante le nozze sono offerti come simbolo del matrimonio e della famiglia. Nel giorno dei morti, in Messico si mangia il “pan de muertos” in loro memoria.

Le feste di ringraziamento per il buon raccolto si celebrano tuttora in tutto il mondo. La preparazione di pani speciali in occasione di raccolti, fidanzamenti, matrimoni, nascite o battesimi è un’usanza diffusa in particolare nell’Europa centrale, e spesso si tratta di   vere e proprie opere d’arte. In Belgio, Germania, Austria e Svizzera si infornano ancor oggi omini di pasta nel giorno di San Nicolao. Nella Lötschental è ancora viva l’abitudine del “Mitscha”, il pane battesimale con il simbolo della croce e le iniziali di Cristo che viene offerto da padrino e madrina.

Il 6 gennaio, festa dell’Epifania, è celebrato in molti Paesi con un apposito dolce dedicato ai Re Magi. In origine si trattava di una festa pagana che gli antichi romani celebravano in onore di Saturno, dio della semina. Nel corso di un gioco si eleggeva un “re per un giorno” e si teneva un banchetto al quale anche i poveri potevano prendere parte. In seguito la tradizione si mescolò con le usanze nordiche, secondo le quali all’interno dei dolci venivano nascosti dei fagioli. Solo nel Medioevo la tradizione si   tramutò nel culto dei tre Re Magi del Cristianesimo.

Nei sogni il pane annuncia che il sognatore sarà in grado di acquisire quello che gli manca sul piano psichico e spirituale. Ricevere il pane è segno di conquista di valori positivi; valori di cui è invece alla ricerca chi sogna di volersi procurare del pane. Non avere pane significa ancora oggi avere fame, essere in difficoltà, essere povero.

Il pane può anche riferirsi, in modo simbolico, al corpo della persona che si ama e,   panini di una particolare forma, hanno riferimenti sessuali. Freud collega il pane al sesso e alla persona amata, mentre Jung vi riconosce un nutrimento del tipo spirituale. E per finire  ecco una ricetta della cuoca Sara Papazzoni esperta in cucina naturale:

Ricetta del Pane dolce

1/3 di   farina bianca 0
1/3 di farina integrale
1/3 di farina di castagne
prugne secche snocciolate, fichi secchi, lievito.
Impastare il tutto fino a che si stacca dalla   tavola. Coprire e lasciare lievitare 2 ore c.a.
Fare un filoncino (oppure una ciambella) una forma media piccola.
Cuocere in formo a 200° per circa un’ora.
Mangiarlo con la ricotta è una prelibatezza!

Sognare il pane

Margherita scrive:
Per il momento sono disoccupata, ho inviato il mio curriculum per un centinaio di posti di lavoro ma senza esito. Notti fa ho sognato di essere in una panetteria e il fornaio sorridendo mi consegnava del pane caldo. L’ho interpretato di buon auspicio mi sbaglio? Spero tanto di no!

Risposta:
Niente affatto! Anzi, aspettati una buona notizia da un momento all’altro.
Per un buon presagio la Cabala associa il pane al n. 50

Moreno   scrive:
Ho sognato di imburrare del pane, cosa significa?

Risposta:
Significa autoerotismo, ma anche ottimi guadagni! Potresti giocarti qualche numero…
Per prospettive di arricchimento la Cabala associa il n. 3

Livia   scrive:
Ho sognato di sfornare del pane ma era troppo cotto anzi direi bruciato.

Risposta:
Purtroppo cara Livia non ho una buona risposta da darti. Un sogno di questo tipo mi fa pensare a progetti che non andranno in porto.
Per questo periodo di restrizioni la Cabala associa   il n. 83

Autrice: Manuela Mariani

Le scarpe nei sogni

Nei tempi antichi la scarpa era spesso merce di acquisto  o di scambio, aveva il valore simbolico dell’”affare fatto o del contratto concluso” e del possesso di un bene.
Gettare o battere una scarpa in un campo significava ribadire il diritto di possesso dello stesso; cedere una scarpa ad un acquirente voleva intendere la rinuncia dei diritti su quel determinato bene; togliersi le scarpe entrando in casa altrui, simboleggiava rinunciare ad ogni rivendicazione o potere su quello spazio e sugli oggetti in esso contenuti; dare in garanzia le proprie scarpe significava assumersi l’impegno a pagare il debito contratto e, considerato che la loro fabbricazione era molto macchinosa, le scarpe erano considerate oggetti di grande lusso.
Presso alcune tribù ebree, il padre trasmetteva la sua autorità sulla figlia al futuro genero semplicemente lasciandogli in pegno la scarpa di lei. Questo rito valeva come un contratto preliminare di matrimonio.
Nell’antica Roma chi indossava i calzari era considerato una persona benestante, mentre al contrario chi non li indossava era considerato un servo. Le scarpe più diffuse tra gli antichi romani erano i sandali.
Si racconta che Caio Cesare Germanico (nipote dell’imperatore Tiberio e suo successore), fin da piccolo accompagnava i genitori nelle spedizioni militari in Germania indossando le calighe, le calzature tipiche dei legionari o sandali con i “lacci” (simbolo di conquista). Per questo i soldati lo soprannominarono affettuosamente Caligola. Gli antichi romani oltre alle calighe, erano soliti indossare tanti altri tipi di scarpe, secondo il lavoro che svolgevano o gli incarichi che avevano, tra i numerosi termini latini utilizzati per indicare le scarpe troviamo: boza, cothurnus, calceus, crepita, pero, sandalium, soccus, solea. Per esempio nelle “Filippiche”, Cicerone per comunicare che Asinio era stato nominato senatore, scrive semplicemente che cambiò tipo di scarpe (mutavit càlecos).
La scarpa è legata allo spostamento e in chiave simbolica possiede alcune proprietà magiche che permettono, a chi le possiede, di liberarsi dalle leggi fisiche (come fece il Gatto con gli stivali nella famosa favola); rappresenta il superamento dei limiti, il trascendimento della materia e la vittoria dello spirito sul corpo (i sandali alati del dio Ermes, Mercurio per i latini, sono rimasti vivi nel mito).
Nella mitologia Ermes, detto anche il messaggero degli dei, era l’unico dio in grado di entrare nell’Ade ed uscirne vivo per portare i messaggi che Plutone (Ade per i Greci), dall’oltretomba mandava su nell’Olimpo a suo fratello Zeus.
I modelli e i colori delle scarpe denotano particolari che incuriosiscono e intrigano. Ne possiamo trovare di tutti i tipi: scarpe trasgressive, sportive, con tacco altro, con tacco basso, da ginnastica, sandali, infradito e tanti altri.
Se le scarpe sono nere e con tacco a spillo, sinonimo di eleganza e di raffinatezza, simboleggiano la seduzione e la trasgressione; le scarpe bianche, sinonimo di purezza, simboleggiano il rifiuto di tutto ciò che è oscuro e incomprensibile; le scarpe con lucchetti, fibbie, borchie, anelli e lacci che avvolgono la caviglia a la risaltano, richiamano alle perversioni e sono simbolo di sottomissione all’amante, dominio della donna oggetto di amore, di conquista e di attenzione; quelle con fiocchi indicano l’attenzione e la curiosità che la donna vuol proporre all’osservatore, un pizzico di frivolezza, di volubilità e di leggerezza; le scarpe scamosciate, multiuso, più resistenti e pratiche sono riconducibili a persone pronte “ad affrontare tutte le situazioni”.
Quando le scarpe che calziamo sono troppo strette, l’analisi dovrà basarsi su alcuni aspetti nella relazione di coppia, su situazioni soffocanti che si è costretti a sopportare.
L’espressione “fare le scarpe a qualcuno” vuol dire “prevalere su qualcuno, essergli superiore”. Equivale ad avere il controllo sul piede quindi sul suo potere. Fargli le scarpe perciò significa evirarlo, renderlo impotente. Per Freud il piede equivale al pene e la scarpa simboleggia la femminilità. Secondo James G. Frazer, alcuni popoli primitivi associavano inconsciamente il piede-pene con l’anima, la concepivano nelle scarpe, la scarpa diventa la sede dell’anima. Nel suo libro Il ramo d’oro, racconta che alcune tribù d’America quando si pensava che un uomo avesse perso la propria anima, gliela restituivano facendogli calzare un paio di scarpe “….certi indiani riprendono l’anima smarrita di un uomo per mezzo delle scarpe e gliela restituiscono facendogliele calzare”.
Sembra, che anche i primitivi americani associassero il piede al pene come all’anima. Infatti un loro antico detto era: “stare nei mocassini degli altri per tre lune” (mettersi nei panni degli altri per comprendere il bisogno dell’anima di chi si ha di fronte). Anche gli anglosassoni usano dire “se fossi nelle tue scarpe” che sta per: “se fossi al posto tuo!”.

Testo tratto del libro “Dalle Radici al Cielo” di Manuela Mariani

Ed. Argo Editore – Roma 2009

Sognare di perdere una scarpa

Lucia scrive:

Alcuni mesi fa, sono stata convocata dal mio capo per avere un riconoscimento economico dovuto ad un incarico assegnatomi e svolto con soddisfazione da parte di tutti. Sembra incredibile ma la notte stessa ho sognato di perdere una scarpa. Dopo una settimana infatti, ho ricevuto la brutta notizia che dalla sede centrale non mi era stato convenuto questo riconoscimento per mancanza di fondi. Ci sono rimasta molto male! Leggendo il suo articolo mi ci sono identificata. È possibile che sia attinente?

Risposta:

Purtroppo perdere le scarpe non è di buon auspicio. Significa perdere le opportunità, soldi e quanto altro. Devo purtroppo dirti cara Lucia, che il tuo intuito non si è sbagliato.

Sognare di provare tante paia di scarpe in un negozio senza trovare quelle adatte

Massimiliano scrive:

Sono un single, sto cercando l’anima gemella ma non si vede nulla all’orizzonte. Tempo fa ho sognato di essere in un negozio e provavo tante scarpe senza però trovare quelle giuste. Potresti dirmi qualcosa in merito?

Risposta:

Certo, mi sembra di capire che sei un tipo piuttosto difficile a trovare “la scarpa adatta per il tuo piede”. Comunque coraggio! Chi cerca trova.

Sognare di calzare scarpe troppo grandi

Mariella scrive:

Ho sognato di calzare scarpe troppo grandi per i miei piedi e quando camminavo avevo paura di perderle. Cosa significa?

Risposta:

Devi avere più fiducia in te stessa. Qualsiasi cosa tu stia intraprendendo devi alzare l’indice di autostima altrimenti perdi delle opportunità per paure che non riesci a superare.

La Cabala associa il numero 88 alle scarpe.

Autrice: Manuela Mariani

La cintura nei sogni

Certo che quando Afrodite si presentò di fronte a Paride con indosso la sua cintura d’oro, Era e Atena non se l’aspettavano e si sentirono subito spiazzate, rimanendoci molto male e disarmate…
Le dee non avevano previsto che quella acchiappa maschi di Afrodite, nonostante la sua avvenenza, si avvalesse anche di simili espedienti per apparire agli occhi del principe troiano ancora più sexy, e gli uomini si sa come sono fatti….
Le cinture infatti, per noi donne, possono essere utilizzate, come trucchetti per nascondere rotolini di grasso inopportuni e fastidiosi per l’immagine che si ha, secondo la bellezza canonica del momento.
Comunque, per vincere la gara tra loro ed essere scelte dal nobile giovane, hai voglia a promettergli poteri immensi come fece Era, oppure vincere qualsiasi battaglia ed essere un grande stratega come si impegnò a fare Atena, perché, quando Afrodite, dea della bellezza gli promise l’amore di Elena, la donna più bella del mondo, gli ormoni di Paride impazzirono, e dopo un giro caotico, gli esplosero nel cervello e gli uscirono dalle orecchie. È inutile dire a chi lui indirizzò la sua scelta, scatenando il primo casus belli che la storia ricordi: la guerra tra Greci e Troiani.
Ma torniamo all’importanza che la cintura ha nel suo significato.
Come Esiodo e anche Omero sostenevano, la cintura di Venere era ritenuta contenere ogni sorta di fascino e la descrivevano come un talismano divino che conferiva alla donna una potenza irresistibile. Un simbolo dunque di sorgente di tutte le grazie.
Perciò, il simbolismo della cintura è legato anche a quello della fecondità, e una prima testimonianza di questo tipo di interpretazione ci è data dallo Pseudo Dionigi l’Aeropagita, teologo e filosofo del V secolo che descrive come le intelligenze celesti indossino un abito e una cintura, da intendere simbolicamente: “le cinture significano cura con cui conservano i propri poteri genetici; il potere che hanno di raccogliersi e di unificare i propri poteri mentali ritirandosi in se stesse e ripiegandosi armoniosamente su di sé nel cerchio indefettibile della propria identità” (PSEO, 240). 

Un’interpretazione simbolica rivolta al DNA?

L’etimologia della parola essere “in cinta” indirizzata alle donne in stato interessante, non potrebbe nascere in primis dalla cintura di Afrodite sinonimo di grande fascino, potenza irresistibile e dunque anche di fecondità e conseguentemente trasmissione genetica? E il cordone ombellicale, è anch’esso una cintura che lega la madre con il figlio.
Nel suo significato, la cintura è anche attaccamento, devozione e fedeltà, tanto da essere inserita in molti scudetti, bandiere e immagini araldiche e ben si accorda con il valore simbolico di unione fedele, di appartenenza e di identificazione familiare, con una persona, un insieme e una funzione privilegiata.
Il gesto di togliere la cintura come si usa fare ai prigionieri di guerra, militari ma anche civili, significa spezzare un legame, rompere cioè l’attaccamento a un’appartenenza, isolare e disconoscere. Lasciare a un prigioniero la cintura, significa permettergli di morire per strangolamento o per impiccagione dandogli la possibilità di una morte onorevole. Deporre la cintura, per un magistrato o un ufficiale, significa abbandonare le insegne della propria carriera e cessarne, con questo atto, l’esercizio.
Nella tradizione cristiana, la cintura è segno di protezione, di continenza e di castità, utilizzata principalmente dagli eremiti e dai reclusi per sottolinearne la valenza. Mettere a una donna la cintura di castità significava, nel medioevo, impedirle ogni possibilità materiale di infedeltà o atto impuro.

Sognare di comprare una cintura molto bella.

Stefania scrive: ho sognato di comprare una cintura molto bella e mentre la indossavo la mia immagine acquisiva un aspetto luminoso, mi sentivo molto sicura, potevo fare qualsiasi cosa senza la paura di sbagliare e per questo di essere criticata. 

Risposta: probabilmente il rapporto sentimentale che hai in questo momento, non è appagante come lo vorresti, tanto che, hai paura di sbagliare e per questo essere criticata e di conseguenza respinta. Comprala veramente una bella cintura da indossare e rendila magica, in modo che possa trasmetterti la stessa sensazione che hai provato nel tuo sogno.
La Cabala abbina il numero 8 alla cintura. 

Sognare di slacciarsi una cintura.

Giacomo scrive: sono un separato ridotto economicamente all’osso. Non riesco a rifarmi una vita sentimentale perché la mia ex in un modo o in un altro non mi lascia in pace. Alcune notti fa ho sognato di slacciarmi una cintura talmente stretta da lasciarmi dei segni rossi sulla pelle. Ho provato un profondo senso di liberazione tanto che mi sono svegliato e sono corso in bagno, altrimenti avrei bagnato il letto.

Risposta: che dire? Se leggi l’articolo ti rispondi da solo. Quello che stai vivendo è un legame talmente stretto e doloroso da portarne i segni addosso. Il desiderio non si limita solo a quello della liberazione, che è l’atto di slacciarsi la cintura, ma anche a quello di purificarti da questo rapporto attraverso la minzione.
La Cabala abbina il numero 90 all’afflizione sentimentale.

Autrice: Manuela Mariani

I denti nei sogni

Nella bocca, la dentatura sembra formare una corona di perle: i denti, tutti in riga, stretti l’uno accanto all’altro, dietro le labbra, somigliano a guardiani della soglia di un tempio. La bocca, in effetti, rappresenta un atrio cavernoso che introduce nel corpo, e le labbra, le sue porte d’accesso. I denti di fronte alla lingua (gli incisivi) rappresentano uno scudo posto a guardia davanti all’entrata e i miti confermano questa immagine. Due racconti della mitologia greca affidano ai denti il ruolo di semi, nati dai denti di un drago, dai quali germina un’armata di guerrieri che dovrà essere vinta dall’eroe del racconto: parliamo dei miti di Giasone e di Cadmo.Giasone, figlio del re Esone, è mandato da suo zio Pelia, usurpatore al trono, alla ricerca del Vello d’Oro, un’impresa difficilissima da superare. Il vello d’oro era la pelliccia di un ariete di proprietà del loro popolo, ma da tempo era stato portato altrove, nella lontanissima Colchide. Giasone mette in piedi una nave straordinaria e la chiama Argo, poi raduna i migliori eroi e semidei dell’epoca, e insieme partono per la missione impossibile. Tra i cinquanta prodi imbarcati, sono presenti Eracle, Ila, Orfeo, la vergine Atalanta, Peleo, Laerte, e i divini dioscuri Castore e Polluce. Mi scuso per gli altri non menzionati, ma dato il loro numero eccessivo non mi è possibile nominarli tutti. Questi ardimentosi eroi saranno ricordati nella storia come “gli Argonauti”.Dopo numerose avventure, arrivano nella Colchide, governata dal re Eeta che non ha nessuna intenzione di cedere il vello a Giasone. Eeta ha una figlia, Medea, che è anche una potente maga; Medea si innamora perdutamente di Giasone e decide di aiutarlo nell’impresa avvalendosi della sua magia, in cambio Giasone le giura amore eterno promettendole di sposarla, una volta tornati in patria.Il vello era situato all’interno di un giardino, su un albero di quercia, ed era custodito da un drago sacro ad Ares (dio della guerra). Grazie agli incantesimi di Medea che addormentò il drago, Giasone lo uccide e dissemina i suoi denti in un campo precedentemente arato per l’occasione. Da questi denti nascono dei guerrieri armati fino ai “denti” e talmente feroci ed aggressivi che iniziano a combattersi tra loro fino a distruggersi. Giasone riesce a rubare il Vello d’Oro grazie all’aiuto di Medea, che manipola le forze in gioco in base ai poteri infernali. Il resto della storia non fa parte dell’argomento di nostro interesse, pertanto, riprenderemo il mito in un altro momento.Anche nel secondo caso Cadmo, fondatore della città di Tebe, deve affrontare un drago:
Venne in questa terra Cadmo di Tiro, per il quale la vitella dalle quattro zampe si lasciò spontaneamente al suolo avverando così l’oracolo destinato a compiersi la dove il decreto divino proclamava che Cadmo doveva stabilirsi nelle piane ricche di grano che dovevano essere la sua patria, e dove l’acqua del bel fiume si sparge per le terre di Dirce (…). C’era il micidiale serpente di Ares, tremendo guardiano, che custodiva i fiumi ondosi e le correnti con occhi instancabili. Cadmo, venuto per prendere acqua lustrale, lo uccise con un masso, colpendo la testa micidiale della fiera omicida con la piena possa del suo braccio, e grazie ai consigli della dea priva di madre (Atena) sparse i suoi denti al suolo, nella terra dai semi profondi; allora la terra mandò su una visione di uomini armati di tutto punto che torreggiavano fino agli estremi confini della regione. L’omicidio dal cuore di ferro li riunì nuovamente alla terra che li aveva generati (…) (638-673) Euripide.
Chi è il drago? Questo mostro è, per eccellenza, il guardiano del tesoro. Il suo corpo ha mille anelli di bronzo, ali fantastiche e la testa ha lo splendore dorato del metallo. La sua gola è armata da una triplice fila di denti, la lingua dardeggia tre aculei affilati e vibranti e gli occhi sono avvolti nel fuoco. Animale favoloso, esso custodisce al tempo stesso la terra, il cielo e gli inferi. Cadmo è vittorioso sul mostro, lo inchioda ad una quercia, albero verde e simbolo di fecondità, “strappa i denti al drago” consigliato da Pallade Atena, dea guerriera uscita dal cranio di Zeus con un casco d’oro in testa, e semina i denti nella terra perché siano la semente di un nuovo popolo illustre. È da questi semi che sorgono migliaia d’uomini armati, in mezzo ai quali, per ordine della dea, Cadmo getta una pietra. Credendosi attaccati gli uni dagli altri, i guerrieri si uccidono tra loro. Solo cinque escono indenni dalla carneficina che diventano con Cadmo, pietra angolare di Tebe.
Quando il simbolismo onirico ci rimanda immagini di denti che cadono o di denti cariati, bisogna sempre interrogarsi su quali paure costruiamo le nostre strutture più profonde; quando a livello psichico non controlliamo le paure e le preoccupazioni, i nostri scudi, si indeboliscono. I denti, in quanto strutture, hanno radici parentali profonde, pertanto, è importante che i nostri figli li ereditino in buona salute, cioè bianchi e splendenti: “Senza macchia e senza peccato”.
C’è un detto popolare che dice: “Denti, morte dei parenti”. Questa è un’espressione prettamente metaforica che evidenzia, in chi sogna, l’attaccamento eccessivo ai propri cari e sta a significare che, sia la lontananza che il distacco (può trattarsi di un lungo viaggio o anche di un trasferimento), si vivono come un abbandono oppure un lutto. Comunque, quest’idea, molto diffusa, ha origini antiche, infatti, Artemidoro di Daldi, scrittore e fisico greco vissuto nel II secolo a.C., attribuiva al simbolo della caduta dei denti una correlazione con la morte di un congiunto. Ai denti stessi attribuiva i gradi di parentela corrisposti: gli incisivi indicano i genitori, i canini e denti limitrofi fanno riferimento ai fratelli, i premolari e i molari a persone avanti con l’età.
Quando si sogna i denti che cadono, che sono strappati, che traballano, che sanguinano, o che fanno bella mostra di sé, desta sempre molta curiosità ma anche preoccupazione per chi li sogna. I denti hanno significati ambivalenti, infatti, grazie ai denti, possiamo masticare, mordere e triturare il cibo. Durante violenti litigi, gli animali, mostrano i denti per manifestare la loro aggressività ed impressionare in questo modo l’avversario. Anche l’essere umano si comporta, in certi casi, nello stesso modo per un involontario retaggio dell’istinto animale. Sono legati all’energia di Ares (Marte dio della guerra) pertanto, alla forza, all’aggressività, alla difesa, ma pure alla salute ed alla bellezza, alla giovinezza, al sex appeal (ricordiamoci che Ares era l’amate di Afrodite). Una bella bocca con denti perfetti disposta in un sorriso, è il primo segnale inviato in una relazione in cui ci sia interesse a farsi accettare e rendersi gradevoli.

Sognare di perdere i denti, è indice di carenza di energie psichiche, fisiche e sessuali, invece, sognare denti in crescita, può indicare nuovi impulsi, forza interiore, aggressività espressa. Quando invece si vedono spuntare nuovi denti, è indice di nuove forze che stanno già dando frutti interessanti.

Sognare di avere gli incisivi cariati.

Marina scrive:

Sono separata e mamma di un’adolescente che mi fa fatica a gestire. Negli ultimi tempi, mia figlia, simula malattie immaginarie per non andare a scuola. Sentendomi impotente, minaccio l’intervento del padre (con il quale mantengo un ottimo rapporto), stratagemma che finora ha funzionato perché di lui ha una certa soggezione. Un paio di notti fa, ho sognato di avere gli incisivi cariati. Mi sono preoccupata perché so che sognare i denti non è di buon auspicio. Dico bene?

Risposta:

Si tratta di un cambiamento di vita molto importante. Avere una figlia adolescente (età contraddittoria e contestatrice) ci ricorda che il nostro dominio sui figli non è più quello di una volta, quando la mamma aveva sempre ragione. Si ha l’impressione, pertanto, di perdere forza ed energia; nemmeno l’intervento del padre (il suo ex partner) può aiutarla a recuperare la fiducia in se stessa. Mostri i denti, si faccia coraggio, vivere il passaggio adolescenziale dei figli per i genitori è come un passaggio tra le “forche caudine”. Ricordiamoci quando anche noi eravamo nello stesso modo.
La smorfia associa i denti cariati al numero 30 e 35.

Sognare di perdere i denti davanti.

Sergio scrive:

Ho sognato di trovarmi in un ristorante con mia moglie e festeggiavamo il miei 60 anni, quando, nel masticare una fetta di torta, mi sono accorto che, mischiato nel bolo c’era un dente incisivo finito sotto i miei stessi denti. Ho i giorni contati forse?

Risposta:

Per carità, si rassicuri! Sia Freud che Jung, davano un significato di natura sessuale ai denti che cadono nei sogni. Il dente incisivo, è un dente molto importante sia per la posizione che occupa a livello estetico, sia per l’uso che se ne fa a livello pratico. In un certo senso, forse, il numero 60 le fa paura, ma questo non significa invecchiare e perdere potenza sessuale. Recuperi il suo smalto! Può continuare comunque a godere delle dolcezze della vita (mangiare una fetta di torta) senza sentirsi schiacciato dalle sue stesse paure (il dente masticato).
Secondo la smorfia, la perdita dei denti ha come numero corrispondente il 13.

autrice: Manuela Mariani

Sognare un’oca

Nell’antico Egitto, Amon, dio tutelare di Tebe, associato a Ra, il dio del sole e di tutti gli dei nel panteon divino egiziano, aveva due animali sacri: l’ariete e l’oca. Così, se il Faraone fu identificato con Amon-Ra, e dunque  con il Sole, la sua anima fu rappresentata sotto forma di un’oca, perché l’oca è il sole uscito dall’uovo primordiale.  L’oca era pertanto una specie di angelo, ossia di messaggero tra il cielo e la terra, tra gli dei e gli uomini.
Un’altra associazione invece, è fatta con il Gran Visir, la cui alta carica occupava ufficialmente il primo rango nella gerarchia del governo egiziano subito dopo il Faraone. Il Gran Visir era anche soprannominato “porta-ventaglio del re” oppure “porta-stendardo di sua maestà o signore dei Granai del Basso e dell’Alto Egitto”, insomma, l’equivalente del ministro delle Finanze esercitando un’influenza preponderante sul potere, solo per il fatto che era preposto al controllo, alla qualificazione, all’amministrazione e allo sfruttamento di tutte le risorse vitali dell’Egitto e di tutte le sue ricchezze.
Il Gran Visir dunque, simbolicamente, rappresenta il messaggero del re, dio vivente in terra o uomo elevato tra gli uomini al quale si attribuiva un potere divino. Il Gran Visir, pertanto, essendo un personaggio di primo piano, esprimeva sentimenti puri e senza macchia, di dedizione e fedeltà. Perciò, per scrivere il suo nome, si utilizzava l’ideogramma dell’oca, seguito da quello del pane quotidiano e del visir stesso.
Nell’Impero romano, l’oca era una rappresentazione di Giunone, sorella e sposa di Giove, coppia equivalente agli dei greci Era e Zeus. A Roma esisteva una dea oracolare, Iuno Moneta, che i Romani consultavano spesso per consigli, predizioni e avvertimenti. La dea aveva, come animale tutelare l’oca e i Romani, per ingraziarsi la dea, allevavano le oche all’interno del suo tempio.
Secondo quanto ci tramanda Plinio il vecchio nel paragrafo XXVI del libro X della opera Naturalis Historia, fu proprio lo schiamazzo delle oche sacre a Giunone che, nel recinto del tempio di Giove, allertarono le sentinelle romane dell’attacco delle truppe galliche di Brenno nel 388 a.C. Fu questo l’evento che passò alla legenda col nome di “Oche del Campidoglio”.
L’oca pertanto, a livello simbolico, rappresenta un animale dotato di grandi poteri profetici che sa vedere anche gli accadimenti invisibili che si stanno manifestando in casa. Una superstizione dice che quando un’oca si mette a starnazzare senza una ragione e a correre intorno alla casa, preannuncia un pericolo mortale. Sempre nell’antichità, l’oca era considerata in rapporto alla morte e, proprio per questo, si usava mangiare la sua carne per il giorno del Grande psicagogo del mondo cristiano, cioè colui che accompagna le anime nel mondo dell’Aldilà, l’Arcangelo Michele, che si festeggia il 29 settembre. Inoltre, chi osserva questa tradizione, non avrà mai difficoltà economiche perché, l’oca, in rapporto con le forze dell’alto ma anche del basso, è in rapporto con il denaro e si sa che i tesori più preziosi sono custoditi sotto terra.
L’oca è anche collegata al destino, come è dimostrato dal “gioco dell’oca”, una specie di percorso labirintico iniziatico che, con il lancio dei dadi si definisce un viaggio dalla descrizione profana, spaziale e temporale e che rappresenta i rovesci e le fortune dell’esistenza umana separati dalla figura dell’oca. Vince chi raggiunge per primo il numero 63, numero attraverso il quale si raggiunge il “Giardino dell’Oca”, tale numero è il prodotto di 7 volte 9 e, come si sa, il sette è il numero particolarmente significativo in tutte le tradizioni.

Sognare un’oca

Sergio Scrive:
sono un ufficiale dell’esercito e alcune notti fa ho sognato di marciare a passo d’oca attraverso un labirinto che non aveva mai fine. Senza sapere come, all’improvviso mi sono trovato a leggere un decreto di fronte a cariche ufficiali. Non provavo nessuna gioia anzi mi sentivo piuttosto angosciato. Cosa può significare?

Risposta:
Camminare a passo d’oca è un rituale che si esercita nei movimenti solenni. Poichè l’oca simboleggia il passaggio tra i due mondi, quello di sopra e quello di sotto, mi fa pensare ad un passaggio di carriera che devi ottenere. Non ti senti forse all’altezza di un incarico di maggiore responsabilità? Pensaci e poi ci risentiamo.
Secondo la cabala, il camminare a passo d’oca è collegato al numero 63.

Katia scrive:
ho appena lasciato il mio compagno a pochi giorni dal matrimonio, mi sento sotto accusa da parte di tutti i parenti ed amici. Ho sognato, proprio poche notti fa, un’oca che mi parlava e mi rincuorava perché nel sogno stavo piangendo. Cosa significa?

Risposta:
Come avrai sicuramente letto nella simbologia dell’oca, questo animale si manifesta anche come messaggero di buone notizie. Ci saranno state certamente delle buone ragioni per prendere la decisione di annullare le nozze a pochi giorni di distanza dall’evento. Pertanto, secondo me, l’apparizione dell’oca, è un messaggio del tuo Sè superiore che vuole rassicurarti suoi tuoi sentimenti, che non sono malvagi e maligni come invece gli altri pensano facendoti sentire sotto accusa, ma il tuo animo, anzi, è puro e i tuoi motivi sono validi e sinceri. Forse non era destino!
Secondo la cabala, parlare con un’oca è collegato al numero 7.

autrice: Manuela Mariani

Sognare l’arcobaleno

Iride o Iris, figlia di Elettra, ninfa oceanina figlia dei titani Oceano e Teti, e di Taumante, divinità marina figlio di Ponto (il mare), era la messaggera degli dei. Il suo incarico era quello di portare gli ordini celesti, in particolare quelli di Zeus e di sua moglie Era, alle divinità e agli uomini. Aveva il potere di salire fin sulle cime dell’Olimpo e da lì scendere fino nelle viscere dell’Ade per poi inabissarsi nei fondali marini per annunciare o portare liete novelle. Aveva i piedi veloci come il vento e le ali dipinte con tutti e sette i colori, e indossava un abito fatto di perle di rugiada che, al minimo movimento, spandeva tutte luci colorate formando una scia luminosissima nel cielo che prese il nome di arcobaleno perché aveva la forma di un arco che balenava agli occhi. Chiunque la vedeva rimaneva incantato dalla bellezza senza poter staccarle gli occhi di dosso. Infatti, è stata lei a dare il nome all’iride dell’occhio. La fanciulla, da sempre considerata portatrice di buone notizie, si serviva appunto dell’arcobaleno per scendere dal cielo in terra o dal cielo al mare e si credeva anche che guidasse le anime verso il cielo dopo la morte.
A tal proposito è doveroso accennare alla canzone del cantante Adriano Celentano dal titolo “L’arcobaleno”. Il brano è un commiato di Lucio Battisti, scomparso prematuramente il 9 settembre del 1998, al suo amico Mogol. Il testo della canzone, arriva al paroliere Mogol tramite una medium, asserendo di aver ricevuto il testo della canzone dallo stesso Battisti, e che il ponte tra noi e l’aldità è l’arcobaleno.
“Io son partito poi così d’improvviso/che non ho avuto il tempo di salutare/l’istante breve è ancora più breve/se c’è una luce /che trafigge il tuo cuore/l’arcobaleno è il mio messaggio d’amore”.
L’arcobaleno, pertanto, è un ponte tra il Cielo e la Terra ed è simbolo d’amore e d’alleanza con le divinità.
Nel racconto della Bibbia riferito a dopo il Diluvio Universale e all’approdo dell’Arca  di Noè  sul monte  Ararat, si  legge  che Jahvé pose l’arcobaleno come segno di alleanza tra Egli e ogni essere vivente per tutte le generazioni e per l’eternità: “il mio arco pongo sulle nubi ed esso sarà il segno dell’alleanza tra Me e la terra”. (Genesi, IX, 12-13).
A forma di emisfero, l’arcobaleno dispiega tutti i colori dello spettro solare, collega la terra al cielo, e simbolicamente, traccia un ponte tra il sognatore e la potenza celeste apportando messaggi di benedizione, di felicità e decretando la fine delle sventure, ed è proprio in questo caso che l’arcobaleno deve essere guardato in tutta la sua colorata magnificenza.
I suoi 7 colori furono attribuiti anche ai 7 “cieli” della scala cosmica che l’iniziato è obbligato a salire uno a uno, prima di accedere all’ottavo cielo della rivelazione e della liberazione dell’anima.
Quando si sogna l’arcobaleno si tratta sempre di avvenimenti felici, di prospettive promettenti, oppure, della fine di un periodo difficile e faticoso, soprattutto sul piano finanziario e materiale. Può anche far presagire un’alleanza o una riconciliazione se, nel momento in cui lo si sogna, si è in disaccordo con qualcuno. Capita che questo sogno ci possa mettere in una profonda relazione con noi stessi e possa caricarci il cuore delle più belle energie vitali e spirituali. E’ questa la garanzia di una rivelazione, di una rigenerazione o di una realizzazione personale che mette pace e armonia nei nostri cuori.

Sognare un arcobaleno. 

Milena scrive:
Ho sognato di tirare una freccia con l’arco, la freccia lanciata lasciava una scia che sembrava un arcobaleno.
Risposta:
E’ raro sognare un arcobaleno, e questo sogno è piuttosto singolare. Mi fa pensare a Cupido, il dio dell’amore. Se sei una single, molto presto incontrerai l’amore. Tanti auguri!

La Cabala abbina il numero 81 all’arcobaleno.

Autrice: Manuela Mariani

Il messaggio dei sogni

Che cos’è il sogno? Quale ruolo ha nella nostra vita quotidiana?
Il sogno è un grande mistero e, come tale lo potremmo definire un punto d’incontro tra due dimensioni, quella del conscio e quella dell’inconscio
Durante il giorno, la parte razionale del nostro emisfero sinistro del cervello, prevale su quello destro; al contrario, durante la notte, è l’emisfero destro che regna sovrano sul nostro inconscio, contenitore infinito e inesauribile di materiale archetipale collettivo.
I popoli antichi, davano ampio spazio ai sogni cercando di prevedere i fatti del futuro. Nell’oniromanzia, viene spontaneo chiedersi perché il sogno sia sempre stato considerato fra le altre cose un elemento premonitore del futuro. Davanti alla configurazione del proprio destino, l’uomo ha da sempre assunto un rispettoso curioso timore di sapere cosa gli riserva la vita. Quindi, sapere è bene solo quando è possibile mutare il favore degli eventi.
Come è noto, gli antichi prima di Aristotele, non consideravano il sogno un prodotto della psiche sognante, bensì una manifestazione divina.
Presso gli Assiro-Babilonesi il libro dei sogni di Assurbanipal era considerato dai sacerdoti, sacro e intoccabile ed era custodito gelosamente presso la biblioteca di Ninive. In questo libro vi erano contenute le “Chiavi” di interpretazione dei sogni più disparati.
Gli antichi Egizi invece, consideravano i sogni veicolo di comunicazione con l’Aldilà e portatori di presagi inerenti al futuro del dormiente. A proposito di Egitto, una storia importante che la Bibbia ci racconta è quella di Giuseppe che ebbe la fortuna di salvarsi la vita e diventare un personaggio rilevante all’interno della politica egizia grazie alla sua abilità di interpretare i sogni.
Anche i Greci vedevano dei messaggi nei loro sogni. Quando un individuo era afflitto da una malattia fisica o mentale, lo si mandava nel “tempio di incubazione” dove avrebbe fatto offerte agli dei e in particolare ad Asculapio, il guaritore semidivino figlio di Apollo. Il malato avrebbe ascoltato le istruzioni del sacerdote prima di addormentarsi per riceve in sogno la cura per la propria guarigione.
L’imperatore Claudio (claudicante e balbuziente) certo non avrebbe mai aspirato all’impero romano se non avesse coltivato un sogno che avrebbe precedentemente avuto. Quando andò a consultare la sibilla, tale Amaltea, per stabilirne la veridicità, queste furono le sue predizioni: “Tra dieci anni, cinquanta giorni e tre, a Cla-Cla-Clau sarà offerto in dono ciò che ambiscono tutti fuorché lui”. (Io, Claudio di Robert Graves ed. Bompiani pag. 13).
Ogni eroe epico è sceso nel mondo dell’Aldilà, che può essere anche quello dei sogni, per conoscere il proprio futuro. L’eroe, per ottenere la salvezza e la luce, deve penetrare nel regno delle tenebre, del caos e dell’irrazionale, nell’ignoto mondo degli abissi nel quale, secondo i miti antichi divorano le anime degli uomini (L’Interpretazione dei Sogni, Sigmund Freud, ed. Acquarelli pag. 28). La psicanalisi ha spesso attinto alla saggezza degli antichi. Quella moderna, considera il sogno da un aspetto personale per scoprirne il linguaggio attraverso i simboli. Secondo Carl Gustav Jung, uno dei padri della psicanalisi, il sogno contiene anche proiezioni del futuro ed ha apertamente introdotto il concetto di anima collettiva dell’uomo parlando di Inconscio Collettivo, laddove esistono analogie nei ricordi inconsci di tutti noi. A tal proposito Jung spiega riguardo alla coscienza collettiva: Essa può apparire, ad esempio, sotto forma di un sogno. Di regola, l’aspetto inconscio di ogni evento si rivela a noi nei sogni, dove esso appare non come pensiero razionale ma sotto forma di immagine simbolica. Storicamente è stato lo studio dei sogni a porre gli psicologi in condizione di investigare l’aspetto inconscio degli eventi psichici manifestatisi al livello della coscienza. (Jung l’uomo e i suoi simboli, ed. Tea, pag. 7). Sognare di cadere dall’alto.
Alessandra scrive:
Devo lasciare il mio vecchio lavoro per iniziarne uno nuovo che mi riempie di gioia perché è quello che proprio avrei voluto sempre fare. Anche se sono entusiasta e non vedo l’ora di cominciare questa nuova esperienza, mi accorgo di essere ansiosa. Ho quasi paura di lasciare il mio vecchio lavoro che comunque mi ha sempre sostenuto per intraprendere l’altro che mi piace ma rimane un’incognita. Mi capita molto spesso di sognare di essere su una scala o in cima ad un grattacielo. Guardo in basso e ho le vertigini e molto spesso mi vedo precipitare in basso svegliandomi impaurita.
Risposta:
Deve credere di più in quello che vuole fare. Sognare di precipitare proprio in concomitanza ad un nuovo rapporto lavorativo, indica le sue profonde paure relative al progetto che le sta a cuore. Dovrebbe darsi più fiducia e credibilità anche perché, cadere nel vuoto indica la paura del fallimento per questo nuovo incarico che valuta forse troppo grande per le sue possibilità. Secondo la Smorfia, i numeri 73 e 23, sono legati al sognare di cadere da una scala, mentre il numero 80 è legato al cadere in senso generico.

Sognare di perdere la borsa 

Patrizia scrive: Sto vivendo un momento particolare della mia vita. Mi trovo in una condizione di cambiamento lavorativo che mi comporta spesso a fare viaggi che mi allontanano dalla famiglia. Riguardo a questo, accuso al livello fisico, dei malesseri generalizzati ogni volta che parto. Durante questo periodo, mi è capitato di sognare che mi trovo per la strada, quando prendo la decisione di salire su un contenitore pubblico della spazzatura situato al bordo della strada. Mi sistemo seduta in cima ad esso lasciando la mia borsa sull’asfalto. Accorgendomi improvvisamente della sparizione della borsa, vengo colta da attacchi di panico. Cosa potrebbe significare tutto ciò?

Risposta:

Per una donna perdere la borsa significa perdere tutto dal momento che le riempiamo di innumerevoli accessori. Di solito il contenuto tratta: le chiavi di casa, dell’auto, agendine telefoniche, cellulare, portafogli, patente, accessori per il trucco ecc. ecc. È chiaro che i sensi di colpa che ha rispetto ai suoi familiari, la tengono ancorata a ciò che non è più utile per lei (cassonetto della spazzatura). Starne addirittura seduta in cima, potrebbe indicare la necessità di voler controllare una situazione per lei difficile da eliminare. Questo eccessivo controllo, le fa perdere di vista cose molto più importanti per lei. Accorgendosi della sottrazione della sua borsa (la sua vita) è presa da attacchi di panico.

Secondo la Smorfia, i numeri 34 e 27 sono legati alla borsa. Però, dalla prospettiva di chi la borsa la perde, non consiglierei assolutamente di giocare.

autrice: Manuela Mariani