La Torre nei Tarocchi

la torreLa Torre di Babele di Bruegel

Chissà perché quando in un gioco di carte con i Tarocchi appare la Torre, un trasalimento sorge spontaneo.
La Torre fa paura. In tutti i libri di Tarocchi si legge le cose più nefaste.
Un fulmine colpisce la sommità incoronata di una torre. Due figure, precipitano a testa in giù. Intorno si vedono serpeggiare lapilli colorati.
La carta ci parla di questo tipo di eventi: fulmini a ciel sereno, a volte catastrofi più o meno apparenti, che possono farci male e che sicuramente ci procureranno uno shock. La Torre rompe un ordine precostituito, la distruzione di una situazione che ci incarcera in una prigione nel tentativo di mantenere l’apparenza di uno status quo, per permetterci di aprire gli occhi e continuare il nostro cammino senza zavorre inutili.
Per la loro altezza, le torri difensive divennero punti di avvistamento e questa destinazione non fu soltanto militare, le torri si trasformarono in punti di segnalazione: il campanile, il faro o il minareto sono torri che hanno la funzione di segnalazione.
Vivere è un incessante susseguirsi di morti parziali: conclusioni, distacchi, superamenti, partite da chiudere e capitoli chiusi. La perdita di oggetti e persone che escono dalla sfera delle priorità, dalla gamma delle occupazioni abituali, dalla cerchia delle relazioni affettive costituisce un attacco al sentimento di identità; è una menomazione dell’Io. Esperienze di questo tipo sono dolorose e invalidanti; sono percepite come disastro e catastrofe, come offuscamento e prigionia nelle tenebre. Dal punto di vista dell’Io sono inconcepibili.
Il fulmine esemplare è un fuoco celeste specificamente attribuito agli dei uranici. Sono signori delle folgori: Zeus in Grecia, Indra in India, Thor in Scandinavia, Giove a Roma. Quindi il fulmine ha valore numinoso, il fulmine è fuoco concentrato e potenza divina condensata pertanto, è l’esplosione energetica del fuoco che ha effetti sia distruttivi sia creativi. Il fulmine può essere strumento di punizione o di clemenza esattamente come il dio da cui proviene, esattamente come l’inconscio da cui balenano improvvisamente folgorazioni numinose. “Vocatus atque non vocatus deus aderit, Chiamato o non chiamato il dio verrà”. Questo motto lo aveva fatto incidere C.G. Jung sulla porta della propria casa di Kusnacht. Volenti o nolenti, che lo si invochi o meno la potenza del fulmine interviene con la rapidità del lampo anche quando l’individuo preferisce posizioni di comodo all’assunzione di responsabilità. Il fulmine non tollera indugi, colpisce e distrugge tutte le strutture di conforto in cui l’individuo è arroccato.

Una coppia sposata da anni vive nella sua solita quotidianità: televisione, spesa il sabato, soliti amici, soliti discorsi. Poi per una telefonata ascoltata senza volere da uno dei due, o un sms arrivato per sbaglio si scopre all’improvviso che le cose non stanno più così come si credeva e inaspettatamente il mondo crolla su di loro. I silenzi, le assenze improvvise, i malumori ignorati per comodità ci arrivano come schiaffi in piena faccia. Come è stato possibile non accorgersene prima?

Il fulmine è anche un’illuminazione improvvisa, un lampo di genio (come succede ad Archimede, il famoso inventore dei fumetti della Walt Disney) la sua luce è un bagliore di repentina comprensione, è una lampadina che si accende, un’innata folgorazione di consapevolezza che proviene non dalla conoscenza dell’Io, ma dall’incoscienza del Sé. Un colpo di fulmine!

Chiara riceve una telefonata da una sua amica che le propone una visita in un sito archeologico vicino la città. L’idea di trascorrere una giornata culturale tra antiche rovine in un posto pieno di energia e conoscenza, la alletta e accetta con piacere. Nessuno poteva immaginare quello che poi sarebbe accaduto. Proprio in quel luogo, in compagnia del gruppo interessato all’escursione, in mezzo a tanta gente conosce Danilo, archeologo e guida turistica per l’avvenimento occasionale. Che dire? Un colpo di fulmine!!!

Esercizio da eseguire per una settimana

  • Fare colazione con alimenti diversi dal solito.
  • Cambiare abbigliamento.
  • Prendere l’autobus invece dell’auto.
  • Pensare con meno rigidità.
  • Rompere un’abitudine al giorno

Questo esercizio può diventare un atteggiamento che può aiutarci ad uscire dalla solita routine e imparare così ad accettare qualsiasi cambiamento senza temerlo.

Autrice: Manuela Mariani

I Tarocchi nella quotidianità

tarotIl mazzo dei Tarocchi è composto da 78 carte, è un mezzo di conoscenza, una struttura di immagini dinamiche che ci permette, dato il simbolismo di ogni carta, di osservare fatti, fenomeni e cose dentro di noi e intorno a noi che non avremmo potuto supporre se non per loro tramite. Proprio così, i Tarocchi descrivono con precisione, accuratezza e con un’intuizione sorprendente, tutto ciò che è successo, sta succedendo o sta per succedere.

I Tarocchi sono un mezzo universale per interpretare (per chi pone attenzione a ciò che gli si muove intorno) gli eventi esteriori, le opportunità che l’Universo offre, i rischi che possono insorgere, dando un senso all’attimo dell’esistenza che l’individuo sta vivendo in quel momento. In effetti, i Tarocchi, raccontano le storie che si sviluppano all’interno della storia di ognuno di noi, sono antichissimi tanto che si è perduta la loro vera origine e ciò che si scrive al loro riguardo sono solo supposizioni. Nello stesso momento però sono archetipi modernissimi ed attualissimi che, a ben guardare, sono sempre presenti costantemente nella nostra vita. Per spiegarmi meglio, porto come esempio un episodio accaduto ad una mia amica:

Era in macchina ferma ad un semaforo in attesa che il verde le desse via libera. Era sovrappensiero quando il suo sguardo distrattamente si dirige verso un barbone che stava frugando dentro un cassone dell’immondizia posto al bordo della strada. Dal cassone, il barbone estrae un lungo bastone di legno forse appartenuto ad una vecchia scopa, poi prende un sacchetto di plastica e lo lega ad una estremità del bastone mettendosi il tutto su una spalla. D’improvviso la mia amica esce dal suo torpore e riflette con un’inaspettata meraviglia, che quell’episodio si riferiva alla carta del Matto (carta contrassegnata, oltre che dal nome, anche dal numero ”0”) e che quello che era appena accaduto non era altro che un messaggio che l’Universo le stava mandando.

Parlerò del significato del Matto una prossima volta, ma intanto, il messaggio che vorrei trasmettere è che gli Archetipi dei Tarocchi definiti eterni, non sono così astratti e lontani da noi ma prendono forme comuni e familiari. La loro interpretazione è un modo efficacissimo per risvegliare l’intuizione: educare la mente a scorgere nel divenire multiforme e caotico della vita il volto di realtà spirituali e non al di fuori del tempo.

Autrice: Manuela Mariani

La ricetta dell’Innamorato

Agire, scegliere, libero arbitrio

Ogni giorno ci troviamo di fronte a mille scelte da fare, grandi e piccole che siano.
Però, a un altro livello, il conflitto nelle scelte può essere quello tra le aspirazioni della nostra personalità e quelle che provengono dalla nostra anima: quale strada seguiremo, quella che soddisfa la nostra personalità o quella che ci porta sul cammino della ricerca di ideali più profondi? Continua a leggere

La Cabalà, Tarocchi e il Cervello Umano

Il cervello è diviso in due parti: gli emisferi destro e sinistro, collegati tra loro da un ponte chiamato corpo calloso.
Nella terminologia della Cabalà le sephiroth Chokmah (Sapienza) e Binah (Intelligenza) formano due emisferi del cervello umano.
La prima Sephirah (Chokmah) ha sede nell’emisfero destro, la parte dove non giudica e non limita, riceve passivamente e si estende su una vasta area, osserva l’immagine e sintetizza il tutto senza occuparsi del particolare. È la parte che attende alla sopravvivenza, alla consapevolezza del corpo, ha reazioni automatiche e simultanee.
La seconda sephirah (Binah), risiede a sinistra e costituisce la capacità di focalizzare, criticare e giudicare. È la parte analitica, si occupa dei dettagli, procede passo passo e pezzo per pezzo, è lineare, consequenziale e consapevole del tempo.
Per sviluppare ed utilizzare entrambe le funzioni dei due emisferi, è indispensabile l’opera di un terzo “cervello” posto a metà strada fra i due emisferi e che ho già citato: “il corpo calloso”.
Alcuni cabalisti, associano questa terza parte del cervello alla sephirah Da’at, o conoscenza unificante. Si tratta della sede di un’intensa attività spirituale. È la percezione del sottile legame che unifica le varie situazioni ed eventi della vita, è la capacità di sentirsi un tutt’uno con quanto capiamo e conosciamo nella mente. IL “padre divino”, saggezza, emisfero destro, sposa totalmente la “madre divina”, intelligenza, emisfero sinistro.
Se si osserva il cervello, esso disegna un germe il cui peduncolo è costituito dal tronco cerebrale. La parte finale che costituisce lo sbocco del midollo spinale, dopo aver compiuto la risalita della colonna vertebrale, il cervello diventa un inizio che ottempera alle strutture del triangolo superiore dell’Albero della Vita.
Questo triangolo, composto dalle sephiroth Chokmah, Binah e Da’at, a livello del “corpo divino”, prende il nome di: “Grande Faccia Divina”. La Grande Faccia Divina, genera le altre sette sephiroth chiamate “Piccola Faccia Divina”, e le ricapitola tutte. Il cervello è in analogia con la carta numero 0 dei Tarocchi “Il Matto”. Il cappello del Matto infatti, è un copricapo con tre corni, e simboleggia il cervello: emisfero cerebrale destro, emisfero cerebrale sinistro con alla base il corpo calloso, un fascio di fibre nervose che garantisce la comunicazione tra gli emisferi. L’insieme dei colori del cappello del Matto è in analogia con il 7° chakra, perché simula un arcobaleno racchiuso nel prisma del colore bianco (totalità di tutti i colori). Come sappiamo, Dio comunica tramite il 7° chakra (il chakra della corona, chiamato anche profetico, in collegamento con la Sephirah Keter) ma è molto difficile accettare le indicazioni che vengono dalla follia del Matto e seguirle senza perdersi nel labirinto. Le indicazioni vengono dai sogni, dalle premonizioni, dalle analogie, dalle coincidenze cosiddette casuali, dalla divinazione: siccome il caso non esiste, gettare i dadi, estrarre delle carte, tirare le monete, avere un sogno, fare un incontro, in un certo senso tutto ciò che ci “capita” da Chokmah, può essere letto grazie a Binah.
Il Matto è lo Zero, è quindi il simbolo della divinità nella sua totale incomprensibilità, la divinità che non è né maschio né femmina né androgino, ma senza forma perché le contiene tutte: solo la zucca vuota che il Matto si porta dietro simulando una borraccia può simboleggiare il Tutto che nello stesso tempo è niente.
Ben venga quindi il detto “AVERE LA ZUCCA VUOTA”.

autrice: Manuela Mariani

Tarocchi e Fiori di Bach

Esiste una relazione fondamentale tra il corpo fisico e i corpi sottili. I nostri corpi di energia giocano un ruolo maggiore nel mantenimento della salute. Perturbazioni energetiche nel corpo eterico, il primo corpo sottile della tradizione, precedono la manifestazione di modelli semplificati di strutture anormali dell’organizzazione cellulare. Continua a leggere

Malkut i piedi

I piedi hanno un significato molto profondo, nella Cabalà corrispondono alla Sephirah Malkut.
L’albero della Vita sorge sulle radici invisibili dell’En Sof, si manifesta in Keter, la prima delle dieci Sephiroth, e fiorisce in Malkut, decima e ultima Sephirah. Nell’ottica dell’albero, a livello corporeo, i piedi, che come ho detto corrispondono a Malkuth, sono le radici dell’albero umano. Continua a leggere

I simboli della croce, della spada e del cubo

La vita terrena si manifesta con l’incontro tra lo spirito e la materia. È il così detto matrimonio alchemico quando la materia viene fecondata dallo spirito. Non si vive di solo pane, predicava Gesù, infatti, in tutto ciò che esiste c’è materia e spirito. L’essere umano sente dentro di sé una forza che lo spinge alla ricerca continua di Dio.
Ma chi è Dio se non tutto ciò che esiste compreso l’essere umano? Ciò che differenzia l’uomo dagli animali, è proprio questa richiesta che l’anima gli rivolge continuamente. Siamo tutti pellegrini in viaggio. In una solitudine profonda che lo esorta a colmare un vuoto inspiegabile, il pellegrino intraprende un viaggio senza fine con lo scopo di trovare ciò che non troverà mai perché inesistente “la perfezione”. Ognuno di noi si è sempre interrogato sulla propria provenienza e questo interrogativo è stato la spinta che fin dalla notte dei tempi l’individuo ha tentato di soddisfare, conoscere e colmare attraverso i riti, i sacrifici, la preghiera e la scienza. L’interesse lo spinge a superare i limiti della sua ricerca ma si accorge che più cerca e più trova, più trova e più cerca. Perché? La mia domanda è: se l’uomo è perfetto, perché si sente mancante di quel qualcosa indefinibile che lo rende bisognoso mettendolo nella costante condizione della ricerca di Dio o comunque si voglia chiamare? Se tutto ciò che esiste è ad immagine di Dio, Dio è perfetto? Io credo di no. Il Creatore non può essere perfetto perché tutto ciò che esiste è rivolto verso di Lui/Lei. Tutto ciò che esiste cresce verso l’alto, proprio verso Colui/Colei che aspiriamo a ritrovare. Dio è perfetto nella sua imperfezione, così come lo è ognuno di noi.
Nell’incontro tra lo spermatozoo e l’ovulo, c’è l’incontro magico che caratterizzerà l’individuo in modo perfetto. Se dunque già è naturalmente perfetto, di cosa siamo mancanti? La mia conclusione a questo interrogativo è che siamo infiniti. Questo incontro tra infinito e finito apparente, si può idealizzare nella croce. Pur offrendo una pluralità impressionante di stili, la composizione di base della Croce è invariabilmente la stessa: l’incrocio di due assi, uno orizzontale, che unisce la destra e la sinistra, l’ovest e l’est; l’altra verticale, che unisce l’alto e il basso, il nord e il sud. Come tale, la croce costituisce il simbolo di unione, riunendo le coppie di opposti complementari e accorpando, in un unico segno, l’insieme dei valori fondamentali: i punti cardinali, i quattro elementi primari, le polarità ecc.
Dal punto di vista personale questa fusione di opposti si manifesta con una maggiore consapevolezza, si intraprende il viaggio verso la Verità. Questo viaggio infinito, risveglia e mette l’essere umano di fronte al fatto che in lui esistono facoltà latenti che ognuno di noi ha all’interno di se stesso. Sul piano materiale si concretizza con uno strumento esoterico: la Spada. Questo strumento diventa così, come la Croce, il simbolo tangibile della “cosa unica” (come diceva Ermete, il tre volte Maestro) che ne fa il ponte tra l’alto e il basso, tra il Cielo e la Terra, tra il Macrocosmo e il Microcosmo. Identificata con la luce, la spada così come la croce, procura la conoscenza e libera l’uomo tagliando le catene materiali e interiori che ostacolano la sua evoluzione. Secondo lo Zohar, la spada contiene il quaternario del tetragramma sacro “YHVH”: la lettera Yod ne è il pomo, la lettera Vav la lama, le due Hey sono i due tagli. Nella Bibbia la spada è l’arma che protegge l’Eden: “Dio scacciò l’uomo e pose ad oriente del giardino dell’Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via dell’Albero della Vita”. Degli esseri umani è quello di diventare sovrani di se stessi riuscendo a dominare tutto ciò che compone la propria natura. Diventare re non è difficile: bastano coraggio, forza e intelligenza. Essere un buon re richiede invece dedizione, lealtà, giustizia e onore. Un buon re governa con la spada, ma anche e soprattutto con il cuore e con la mente, con l’amore e con l’intelligenza.
La Croce, con le sue quattro direzioni ci conduce al cubo. Tutte le statue egiziane che rappresentano re e divinità sono sedute su una sedia a forma di cubo. Perché? Il cubo, formato da quattro lati, è il simbolo della resistenza, della stabilità e della realizzazione completa. È detto nei Vangeli: “La pietra che gli operai hanno rigettato è divenuta la pietra d’angolo”. La pietra cubica era un simbolo che rappresentava Gesù. Quando si snoda un volume cubico esso diventa una croce e la croce rappresenta il Cristo. E che cos’ è l’uomo se non il Cristo quando arriva ad unirsi al suo Sé divino? Ognuno di noi è una pietra cubica e ci sviluppiamo a forma di croce come l’Uomo Vitruviano di Leonardo Da Vinci. Dunque la Croce, la Spada e il Cubo sono la stessa cosa. Tutto deriva dal Creatore, è Lui che ha lavorato con gli elementi e i numeri per creare Tutto Ciò che Esiste, e Tutto Ciò che Esiste è a Sua immagine e somiglianza. All’interno del nostro cuore Egli ha posto la Verità ma, poiché sarebbe troppo semplice trovarla, andiamo all’esterno di noi cercando invano ciò che già abbiamo.
Il Creatore, sempre misericordioso verso i suoi figli che mai abbandona, ha fatto in modo però, che l’uno possa essere lo specchio dell’altro. In questo modo abbiamo la possibilità di scoprire la Verità facendo esperienza anche attraverso l’altro, grazie a questa forza che si chiama Amore che tutto muove.

autrice: Manuela Mariani

Il Bagatto

Colui che cerca se stesso incontra il Bagatto. Chi è il Bagatto? Si tratta di uno stregone o di un mago. La differenza?
È una e fondamentale: lo stregone esercita il suo potere nel mondo della natura e nella vita, mentre il mago ci illude, ci inganna sulla realtà delle cose.
Gli uomini si rendono colpevoli di tante tragedie, crimini, orrori in tutto il mondo che si fatica a immaginare che la magia sia in noi. Tuttavia il messaggio del Bagatto è che nulla è magico, contrariamente a ciò che ci vuol far credere il mago, l’illusionista. Siamo noi che rendiamo il mondo magico grazie al potere della nostra volontà che agisce su tutto ciò che esiste. Chi sono i maghi di oggi? Sono maghi tutti quegli uomini che riescono a illudere: il mago della finanza, del calcio, ci sono maghi purtroppo anche nel campo della medicina.
L’energia del mago però, viene espressa anche in situazioni più quotidiane: un abile cuoco per esempio, che con soli pochi ingredienti riesce a cucinare piatti appetitosissimi. Una brava padrona di casa, che riesce far sentire a proprio agio i suoi invitati, anche quelli inaspettati. Un bravo mago è anche quella persona che riesce a destreggiarsi in situazioni stressanti in un giorno in cui la sua agenda è piena di impegni oppure, chi riesce a portare pace in una situazione litigiosa che si è creata. Nel mazzo dei Tarocchi è la carta numero 1 e in quanto uno contiene tutte le potenzialità per poter svolgere ogni lavoro con il massimo del successo. Il Bagatto infatti, sul suo tavolo di lavoro ha tutti gli strumenti possibile che gli permettono di realizzare la sua creatività. Gli strumenti non sono altro che i quattro elementi cosmici: una spada (elemento aria, maschile e attivo), indice di razionalità, rapidità mentale e di espansione, proprietà di una mente che discrimina, divide e analizza. Una coppa (elemento acqua, femminile e ricettivo), mondo delle emozioni, indice di contenimento, amore e passione. Una moneta, (elemento terra, femminile e condensante), simbolo delle cose materiali e della realizzazione pratica. Un bastone, (elemento fuoco, maschile e trasformatore), aspetto creativo, rivolto a cielo, indice di calore e trasformazione.
Se pensiamo in termini scientifici a quell’incredibile mescolanza che costituisce il patrimonio genetico, capace di caratterizzarci individualmente, scopriremo anche qui quattro semi: le quattro basi che si chiamano ADENINA, TIMINA, CITOSINA e GUANINA, che si alternano e s’inseguono lungo la catena del DNA. Nella mano destra stringe una bacchetta, congiunzione tra cielo e terra. Attraverso la bacchetta, canalizza l’energia cosmica e dà vita a tutto ciò che crea.
Per fare questo comunque, il Bagatto ha ben piantati i piedi nella terra. Questo gli permette di essere sempre presente a se stesso. Sugli angoli di un tappeto quadrato, posiziona quattro candele accese che rappresentano i quattro elementi della terra. Osserva attentamente la fiamma delle candele, e quando sei pronto per poter riprodurre la stessa immagine dentro di te, chiudi gli occhi. Respira profondamente. Concentrati sulla respirazione: all’aria che entra, all’aria che esce. Mentre respiri immagina che il fuoco di queste quattro candele penetri nel tuo corpo e purifichi ogni organo apportandogli benessere e guarigione.
Respirando ancora più profondamente, immagina che lo stesso calore scaturito dalla fiamma delle candele, vada ancora più in profondità fino a raggiungere il tuo DNA. Respirando sempre più profondamente, visualizza ogni colore dell’arcobaleno che vivifica tutte le eliche del tuo DNA sentendoti in uno stato di profondo rilassamento e benessere.
Quando pensi che il lavoro si sia concluso, con i tuoi tempi torna alla realtà sentendo il contatto con il pavimento e riaprendo gli occhi.

autrice: Manuela Mariani

Gli Arcani Maggiori e i Chakra come ruote della vita

I 7 Chakra, insieme ai 22 arcani maggiori dei Tarocchi, formano un tutto e raccontano una storia. La storia della nostra vita.
Chakra è una parola sanscrita che significa ruota, cerchio e che designa il disco solare, attributo del dio induista Visnu, soprannominato “colui che interviene”. Continua a leggere

La Via del Matto

Un viaggio spirituale tra Cabalà e Tarocchi

Il lavoro dell’Umanità consiste nell’incorporare le energie che ci strutturano e ci separano dalla nostra vera Casa. La rivelazione consiste nel far cadere il velo davanti ai nostri occhi per scoprire una nuova qualità di luce, luce che un altro velo separa ancora dal Padre e così via…
Ancora una volta il viaggio del nostro eroe “il Matto”, lo mette di fronte a prove da affrontare per dissolvere queste nubi-schemi e avere così l’opportunità di varcare le porte successive per raggiungere il traguardo all’apparenza lontano. Così, dopo che ha perduto l’Eden, il nostro Adamo (il Matto) ha la possibilità di risalire l’Albero della Vita.
In questo modo, il Folle, non è più “l’errante”, ma si trasforma in “viaggiatore consapevole”. Il viaggio essenziale che la tradizione propone è quello di andare verso se stessi, verso il proprio compimento.
Un viaggio attraverso l’albero della vita.
Partendo dalla Sephirà Malkuth, questo itinerario è il modello universale di ogni cammino e crescita evolutiva.Attraverso i 22 sentieri che collegano le Sephiroth dell’Albero, dieci stati della consapevolezza, il Matto deve imparare a gestire situazioni e sfide che incontrerà sulla via dell’illuminazione.
Per il nostro eroe è necessario risolvere il mistero del simbolico albero proibito che indica la via di entrata nella trappola che, percorsa alla rovescia, diviene la via d’uscita.
I 22 sentieri insieme con le 10 Sephiroth costituiscono le 32 vie attraverso le quali la Divinità scende nell’uomo, ma sono anche le vie per le quali l’uomo può a sua volta ascendere fino alla Divinità, in un processo di alchimia spirituale.Tutte le cose create devono essere riconosciute come buone. L’uso che se ne fa è nostra responsabilità.
Ogni seminagione è divina.
Ogni devastazione è umana.
Dio ha creato la deambulazione ma non la claudicazione. Il procedere è cosa divina: il modo di procedere è cosa umana. La vista è cosa divina, la cecità e “scelta” umana. In questo percorso spirituale, attraverso la simbologia delle 22 lettere dell’alfabeto ebraico e quella dei 22 Arcani Maggiori dei Tarocchi, il Matto parte da Malkuth, la prima Sephirà dell’Albero della Vita e rappresenta il Regno, il pianeta Terra, è il luogo dove si fa esperienza della caduta, della povertà e della morte. Al livello fisico essa è la pianta dei piedi.
Poi, raggiunge la Sephirà Yesod, il Fondamento. È il luogo dove si concentrano tutte le emozioni, controlla la vita sessuale, la cui giusta espressione è il fondamento su cui si basa la personalit�
A livello fisico rappresenta gli organi sessuali; Arriva alla Sephirà Hod, lo Splendore. Qui trova la capacità dinamica dell’individuo, applicata al mutare delle circostanze esterne, l’adattarsi a nuove esperienze. Corrisponde alla qualità della semplicità, a non preoccuparsi troppo per il futuro, e alla capacità di lasciarsi trasportare dalla corrente divina. Al livello fisico corrisponde alla gamba sinistra. Il Viaggio attraverso l’Albero della Vita prosegue nella Sephirà Netzach, la Vittoria. È costanza e decisione, è il saper vincere, cioè saper integrare la vittoria nel modo giusto senza farsi sopraffare da essa. È qui che il nostro eroe trova il senso della sicurezza che pervade l’uomo giusto. Al livello fisico corrisponde alla gamba destra. Tiphereth, la Bellezza. È la Sephirà che ha il compito di armonizzare il due opposti modi operativi, la parte destra e sinistra, la luce e l’ombra. Corrisponde all’esperienza della Compassione, che è amore misurato, capace di lodare e di premiare, ma anche di rimproverare e di punire se necessario, affinché il bene si imponga sul male. Al livello fisico corrisponde al cuore. Il Matto arriva alla Sephirà Geburà, la Forza, la quale si incarica di restringere, diminuire, controllare e indirizzare la luce. È la mano sinistra, estesa per respingere, è ogni tipo di forza atta a porre limite e termine all’esistenza. Pur avendo delle connotazioni negative, senza questa Sephirà l’amore non potrebbe realizzarsi, perchè non troverebbe un recipiente atto a contenerlo. Al livello fisico, come abbiamo già ditto, corrisponde alla mano sinistra.Raggiunge la Sephirà Chesed, l’Amore che si esprime tramite benevolenza e generosità senza limiti. È l’amore che tutto perdona. Si tratta della capacità di attrarre a sè e perdonare. Di nutrire i meritevoli come i non meritevoli. È qui che il figliol prodigo, tornando a casa trova l’amore di suo Padre. Al livello fisico corrisponde alla mano destra. Sempre attraverso i sentieri preposti a collegare queste forze divine, arriva a Binà, l’Intelligenza. Si tratta della sede del pensiero logico, razionale e matematico. Binà ha la capacità di integrare nella personalità concetti e idee diverse, assimilandole e mettendole in comunicazione. Nel corpo umano Binà corrisponde all’emisfero cerebrale sinistro.Poi arriva a Chokhmà, la Sapienza. È l’illuminazione dell’intelletto, è il seme dell’idea, il pensiero interiore, è la capacità di pensare in maniera simultanea ma lineare. E’ lo stato del non giudizio. Al livello fisico corrisponde all’emisfero cerebrale destro.
Ed eccolo arrivato. Kether, la Corona. Simile ad una corona posta sulla sommità del capo, Kether è all’apice e sovrasta tutte le altre Sephiroth. Kether è il trascendente, l’ineffabile, l’origine di tutte le energie che riempiono le altre Sephiroth. Nel corpo umano essa non ha una corrispondenza specifica, perchè lo avvolge tutto, ma la si potrebbe associare alla scatola cranica. Secondo la Cabalà, Keter contiene una struttura tripartita, che nell’anima corrisponde alle tre esperienze di Fede, Beatitudine, Volere. Keter è la radice dell’Albero, che quindi è capovolto, dato che possiede le radici in alto e i rami in basso.Arrivato alla fine, il nostro viaggiatore si scopre così Dio; Ed è così che riprende di nuovo il suo viaggio con una nuova consapevolezza, una nuova evoluzione un potenziale divino che lo porta a sperimentare se stesso all’infinito, ora e per sempre fino a raggiunge la sua vera CASA, il centro di se stesso dell’ADAM KADMON.
In questo modo egli si rende consapevole che il vero guardiano del Paradiso è l’uomo stesso.

autrice: Manuela Mariani