Costellazioni Familiari – La Colpa

Frida Khalo – i miei nonni i miei genitori e io

Certe volte ci domandiamo perché in determinate situazioni ci comportiamo in un certo modo? Dobbiamo ricordarci che siamo inevitabilmente figli di una lunga storia familiare.
Ognuno di noi è la punta dell’iceberg di molte generazioni che lo precedono, e che per conoscerlo non possiamo sempre tornare così indietro nel tempo. E’ importante però domandarci quale patrimonio genetico abbiamo ereditato dalle generazioni precedenti, a partire dai nostri nonni e dai nostri genitori. 
Le scelte e i comportamenti di ognuno di noi, sono stati ereditati e continuano ad influenzare la nostra vita attraverso miti, valori, vissuti anche traumatici, e dalle convinzioni familiari che hanno un’origine lontana.
Come Atlante che regge sulle spalle il mondo, alcune persone si fanno portatrici di una storia che hanno ereditato dai loro antenati e che pesa sulle loro scelte. Può trattarsi di storie non finite, di esclusi, di colpe mai riconosciute e che pesano ancora sul bilancio dell’albero genealogico. 
La storia familiare è come la cornice di un puzzle, ogni volta che porteremo equilibrio aggiungendo pezzi di vita della nostra storia, il quadro prende forma nel suo interno e ci restituisce quella forza che si può manifestarsi in molti modi.
Nello svolgimento delle Costellazioni Familiari in cui vengono evocati omicidi, stragi e guerre, non si trova la soluzione fino a che vittime e aggressori non si affiancano gli uni agli altri nella pace della morte. Qui, fazioni politiche o religiose perdono importanza. Hellinger, ha dedicato un grande spazio della sua vita all’aiuto di vittime e aggressori non solo nei singoli sistemi familiari ma anche in sistemi più grandi per conflitti bellici, politici o religiosi.
Nello spazio scenico che si usa per costellare, emerge che nessuno delle due parti è più grande e più meritevole dell’altra, ma che in ciascuna delle parti ci sono entrambi gli aspetti di vittima e aggressore.
E non si parla mai di perdono perché l’atteggiamento interiore che predispone al perdono nasconde spesso la convinzione di essere più grande di un altro. E questo non porta a una buona soluzione.
Nella Costellazione le parole “tipo” dell’aggressore che portano alla pace potrebbero essere: “Mi prendo la colpa, mi dispiace”. Per la vittima è sufficiente che venga riconosciuta la verità del fatto accaduto e quindi di essere vista.
Quando l’anima riconosce la sua colpa significa che ha compreso. Tuttavia le parole devono esprimere effettivamente la verità dei sentimenti e fino a quando questo non accade, il rappresentante della vittima, rimane teso e irrigidito, riferendo, il più delle volte: “Sento che non è sincero”.
Assumersi la colpa è diverso dal provare il senso di colpa. Quest’ultimo è un atteggiamento con il quale lo sguardo è ancora rivolto a se stessi e non alla vittima che rimane esclusa. Assumersi la colpa, invece, vuol dire guardare la vittima e prenderla nel cuore.
Quando l’anima fa questo passo prova un dolore profondo dal quale poi scaturisce una grande dignità e forza.
Ora può dire alla vittima: “In onore tuo farò qualcosa di grande e di nuovo nella mia vita”

Autrice: Manuela Mariani

Gocce di pioggia

gocce di pioggia con manoQuando ero piccola, avevo l’abitudine, forse come tutti i bambini, di convertire tutte le cose in nuclei familiari.  A ogni cosa, a cominciare dalle molliche di pane che rimanevano sparse sulla tovaglia dopo aver mangiato, dalla più grande alla più piccola davo loro un ruolo: c’erano il padre, la madre, i figli, che erano disposti per ordine di grandezza, e tutte le altre rimanenti molliche rappresentavano dei parenti che venivano a fare loro visita.  Quello che però catturava il mio interesse erano le gocce di pioggia che cadevano rumorose sui vetri delle finestre, quando fuori imperversava il temporale. M’incantavo a osservare i rivoli d’acqua che lasciavano le gocce sbattendo sui vetri; dal loro scrosciare si creavano percorsi che s’incrociavano con quelli di altre gocce e che poi, a loro volta, si perdevano schizzando via al proprio destino. Le gocce che cadevano erano destinate, come le precedenti, a ripercorrere lo stesso tracciato stabilito dalle prime, per perdersi anch’esse nel vuoto come quelle passate, così come avrebbero fatto tutte le altre che scorrendo via avrebbero dato seguito ai loro tracciati. Il vetro della finestra si bagnava velocemente di schizzi e rigagnoli dove io, forse preda della noia, mi divertivo a scommettere tra me e me, se questa volta una particolare goccia avrebbe potuto indirizzare altrove la sua caduta. Come una dea dai grandi poteri magici allora, creavo con il dito linee e tratti sul vetro, pensando di poter cambiare la loro sorte. Quella finestra diventava così la base dove si dispiegava una rete di vicende intrecciate tra loro, teatro di tante miserie, drammi e tragedie create da quelle piccole gocce che magari avrebbero voluto cadere in un altro luogo.  Non ho mai raccontato a nessuno questa storia, ritenendola molto stupida, ma, dopo aver conosciuto le Costellazioni Familiari di Bert Hellinger[1], mi sono resa conto che forse tanto stupida non è.

Autrice: Manuela Mariani

[1] Ideatore delle Costellazioni Familiari.

Mia Madre

Mia madre, classe 1928 era nata sotto il segno del Leone e io, ironicamente, aggiungevo “ascendente Pecora”. Si perché lei era una donna d’altri tempi: sottomessa al marito e dedita a tante rinunce. Nella mia vita ho cercato sempre di essere diversa da lei non accettando il suo modo di essere e di pensare. Nonostante tutto io, come figlia, mi sono trovata indissolubilmente legata alla sua figura soprattutto quando a mia volta sono diventata madre.

Prendere lei come modello mi é risultato molto difficile fino a quando, con gli anni,  non ho osservato l’adorazione di mia figlia che aveva nei suoi confronti. Allora mi sono chiesta qual era la differenza: come la percepivo io come figlia e come invece lei, come nipote? Anch’io adoravo mia nonna materna e stare con lei mi faceva sentire la bambina più amata del mondo, purtroppo però, per conflitti familiari non ho potuto stare con lei a lungo. Da dove hanno avuto origine quindi, le ostilità che si sono create nelle nostre vite tra me e lei?

Mi ricordo che da piccola durante i mesi estivi e già dall’età di tre anni, mi lasciavano in montagna a casa di mia nonna e di mia zia paterne e non mi piaceva per niente starci soprattutto perché mia zia era una zitella acida e anaffettiva che cucinava delle schifezze che poi mi obbligava ad ingoiare fino all’ultimo boccone. In caso contrario venivo punita con il divieto di andare fuori a giocare e di rimanere tutto il tempo seduta a tavola a sentire gli schiamazzi dei miei amici che da fuori mi esortavano a scendere. Io tenevo gli occhi puntati su quella schifezza e speravo in cuor mio in un aiuto divino che potesse farlo sparire dalla vista. Tutto questo scatenava grandi litigi tra mia nonna e mia zia perché, nella speranza di salvarmi, chiedevo aiuto a mia nonna che cercava sempre di soccorrermi mettendosi contro la zia ma lei, brutta e cattiva, rimaneva ostinatamente inflessibile.
Certo, ora tutto questo mi fa sorridere ma a quel tempo mi ricordo che soffrivo tantissimo, volevo mia madre e la invocavo continuamente perché mi riportasse a casa. Ma mamma non c’era e io mi sentivo abbandonata e dimenticata provando tanta sofferenza. L’infelicità e la nostalgia mi attanagliavano così tanto da desiderare perfino di morire. Una volta tornata a casa non riuscivo più ad avere comportamenti affettivi spontanei con lei che mi aveva abbandonato per un tempo così interminabile (così mi è sempre sembrato), ero molto arrabbiata con tutti i familiari ma soprattutto con lei. Forse è stato questo il  motivo che ha interrotto il nostro rapporto per così tanto tempo durato anche dopo la sua dipartita.

Sono state le Costellazioni Familiari che hanno contribuito a fare chiarezza e, grazie ai seminari con Bert Hellinger, che ho frequentato durante la mia formazione come operatrice e facilitatrice per questa pratica, ho potuto riempire i buchi vuoti del mosaico della mia infanzia ritrovando i pezzi saltati via che ostinatamente tenevo da parte per rabbia.

Il movimento verso la madre interrotto precocemente, ha conseguenze di ampia portata per la vita futura e per il successo. Chi ha subito questa interruzione, di solito fa fatica ad andare verso qualcuno, per esempio un partner perché la memoria cellulare del suo corpo ricorda il trauma della precoce separazione. Così, interrompe il suo movimento: invece di andare verso il partner aspetta che sia lui ad avanzare mantenendo spesso la vicinanza con difficoltà nel caso questa si verifichi. In un modo o nell’altro ci si separa invece di unirsi felicemente.

Quale sarebbe dunque la soluzione?

Tornare all’origine del trauma per poterlo superare. Infatti, dietro ogni trauma c’è sempre una situazione in cui un avanzamento verso la madre non è stato possibile, per cui si rimane immobili come inchiodati o paralizzati.

Nonostante la paura, ritornare al trauma e riprendere interiormente il movimento allora ferito o interrotto, risolve a livello emotivo.

Ma che cosa si intende con “movimento interrotto precocemente verso la madre”? Significa tornare ancora una volta nella situazione di allora e sentire nello stesso modo in cui il bambino ferito percepisce. Guardando nostra madre di allora e facendo un piccolo passo verso di lei con amore, nonostante il crescente dolore, le delusioni e la rabbia. Ci si ferma per un po’, la si guarda negli occhi e si aspetta finché non si sente la forza e il coraggio per fare il prossimo passo, e poi ancora un altro e un altro ancora molto lentamente sempre guardandola negli occhi, fino a cadere tra le sue braccia aperte.

Finalmente a casa!

La relazione con la madre è la base di tutte le relazioni.

Autrice: Manuela Mariani