I fondamenti Buddisti del REIKI

buddaL’iscrizione commemorativa del dott. Mikao Usui (1865 – 1926) narra che conobbe la “forza” del REIKI durante un digiuno di 21 giorni sul monte Kurama, nell’imponente tempio fondato nel 770 dal monaco Gantei, che fino al 1949 ospitò Buddhisti Tendai.
Il monte Kurama, grazie alla sua altezza, alla sua fonte di energia e ai suoi giganteschi cedri, offrì uno sfondo ideale per la meditazione e la ricerca interiore: Mikao Usui fu il primo a volersi ritirare in quel luogo osservando un digiuno così lungo in una meditazione così assoluta.
Il Buddhismo esoterico tantrico giunse in Giappone all’inizio del nono secolo; il suo maestro “protettore” fu  Dainichi Nyorai.
La meta del Buddhismo esoterico è shunyata, la vacuità, non intesa come condizione negativa di “assenza” quanto piuttosto come il superamento di qualsiasi dualità: non crea più distinzione fra l’ “io” e l’ “altro”. Si ristabilisce l’unità del “tutto”: l’”io” esiste solo nella nostra mente così da creare l’ego e il mondo. Il nostro “naturale” stato dell’essere è vacuità, priva degli attributi del passato e del futuro.
Questo è proprio ciò che si sperimenta col Reiki: identità col cosmo, ritorno all’origine e all’ unità.
In Giappone la “via” del Reiki è considerata una scelta di vita, che va praticata e portata avanti per anni; spesso un allievo conseguiva il secondo livello dopo decenni di pratica, a volte non si raggiungevano mai i gradi più alti.
Da noi, in Occidente, il Reiki si è invece sviluppato in una direzione più legata alla nostra cultura: la vita frenetica ci permette solo spazi ridotti e spesso i prodotti chimici finiscono per risolvere i tempi d’attesa. Troppo spesso si rilasciano livelli avanzati senza aver seriamente comprovato l’operato effettivo degli operatori.
Spesso, la nostra logica di pensiero tende sempre a scegliere una parte e negarne un’altra: la ricerca delle grandi verità e delle grandi risposte conduce molti ad interessarsi alle religioni e alle filosofie “lontane”.
L’Occidente entra in “polarità” con l’Oriente: Zen, Buddhismo o Yoga esercitano un grande fascino, sono espressione dell’ “irrazionale” modo di vivere. In Oriente, d’altro canto, ci si sposta verso il modello occidentale. Per dirla con Osho, “la malattia rimarrà la stessa”: la malattia è lo squilibrio di scegliere una polarità opponendola all’altra. Finché non impariamo ad accettare in profondità una lezione globale senza dualismi di sorta, rimarremo impigliati all’appartenenza di un qualsivoglia “modello” che ci contiene e ci incatena in leggi parziali. Lo spirito umano dovrebbe svilupparsi come un albero: in tutte le direzioni. Possiamo crescere solo se siamo in grado di espanderci anche noi in tutte le direzioni: anche in quelle apparentemente opposte. Ogni credo religioso pretende di sistematizzare un fenomeno assolutamente irrazionale, creando pericolose polarità in contrasto fra loro. Nel tentativo di somigliare al tuo Dio o Buddha che sia, diventi imitazione dimenticando la tua innata illuminazione.
La chiave è nella accettazione della totalità di esperienze, senza negare razionalità, irrazionalità o religioni: siamo creature in grado di fluttuare elasticamente da una polarità all’altra senza giudizi,  con il cuore aperto e lo spirito attivo. Siamo figli di immenso mistero di Luce.
Questo è uno dei criteri Reiki.
Coloro che, onesti nel cuore, praticano con gioia assoluta e costante e sono assolutamente entusiasti del REIKI, sanno bene quanto, nelle loro preziose mani, si racchiuda la forza dell’Universo (..)

Autrice: Monica Di Nunzio

 

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