Per sorridere ancora un po’

scarpe stilizzateUn tizio entra in un negozio di scarpe incavolato nero e rivolgendosi al commesso dice: “Ma insomma, non si è accorto di avermi venduto un paio di scarpe per il solo piede sinistro? “Ma signore”, risponde educatamente il commesso, “Se fosse venuto prima gliele avrei cambiate immediatamente!” “Sarei anche venuto prima se non fosse per il fatto che sono due ore che cammino in cerchio”.

L’importanza delle scarpe

Chi ha le scarpe ignora la sofferenza di chi cammina a piedi nudi
Proverbio cinese

Da un articolo di Francesco Tortora apparso sul Corriere della Sera del 27 settembre del 2005 si legge: gli uomini primitivi avrebbero calzato le prime rudimentali scarpe tra 40.000 e 26.000 anni fa. Lo ha stabilito uno studio pubblicato sulla rivista «Journal Archaelogical Science» dallo scienziato americano Erik Trinkaus, professore della Washington University a St Louis, che ha studiato le ossa di alcuni nostri antenati. L’apparizione delle prime scarpe coincide con un periodo storico ricco di progressi per il genere umano. Secondo il professore Paul Mellas, ordinario di storia primitiva all’Università di Cambridge, in quest’epoca ci furono «drammatici cambiamenti» nella vita dei nostri antenati. «Circa 35.000 anni fa e via di seguito gli uomini producono le prime forme d’arte, i primi arnesi in pietra, le prime decorazioni personali e i primi gioielli. Non sarebbe una sorpresa scoprire che la comparsa delle prime scarpe sia avvenuta proprio in questa epoca».

Nel tardo 1400 fino a metà del 1600 andarono di moda le “chopine”, scarpe con la zeppa. La suola di queste scarpe era generalmente realizzata in sughero o legno per poi essere ricoperta di velluto. A Venezia le chopine diventarono uno status symbol infatti le donne le indossavano per manifestare la loro ricchezza e posizione sociale. Le zeppe potevano raggiungere altezze ragguardevoli e come sempre nella moda, si è portati ad esagerare. Alcune donne utilizzavano zeppe così alte che avevano bisogno d’aiuto per camminare, procurando derisione per la loro goffaggine. Nonostante l’imbarazzo, le donne che le calzavano sentivano il bisogno di elevarsi al di sopra del resto del mondo e di camminare su una zeppa che mettesse in evidenza la loro statura non solo fisica ma anche come status sociale. Tale bisogno vive ancora ai nostri giorni. Le chopine sono state citate anche nell’Amleto e Shakespeare scrisse dei commenti sull’altezza eccessiva. Uno scrittore spagnolo definì “depravate” le donne che portavano le zeppe. Ci fu anche chi propose che venissero messe al bando. Spesso le prostitute veneziane dell’epoca indossavano le chopine per essere notate dai clienti anche grazie alla loro statura. La popolarità delle chopine si estese comunque in tutta l’Europa ma in particolare in Francia e Inghilterra. Sotto il regno della regina Vittoria si decretò che le scarpe da donna dovessero essere piccole e femminili non lasciando spazio alle grosse e ingombranti zeppe.

Negli anni ’30 e durante gli anni della seconda guerra mondiale le scarpe con la zeppa riapparvero ma questa volta con una struttura pratica e moderna.

Ogni piede trova la sua scarpa

E’ molto frequente trovarsi davanti a una scarpiera di fronte a diversi modelli di scarpe e non saper quale scegliere. Questa indecisione si ripropone molto spesso anche nella vita: nell’ambito sentimentale, lavorativo, di studio, comportamentale ecc. E’ anche simbolico il fatto di non trovare il numero giusto di scarpe che si adatti al nostro piede; si esce delusi dal negozio con un’insoddisfazione latente che qualche volta può trasformarsi in rabbia ingiustificata “o mi impegno a trovare quel paio di scarpe oppure vado in giro scalzo”. Se si approfondisce con assoluta onestà ciò che sta al fondo di questa delusione o malumore, ecco che affiora l’ansia, la pena o l’insoddisfazione per qualcosa che veramente non volevamo vedere: rapporti insoddisfacenti, amore non corrisposto, un lavoro che non ci realizza…..

Dimmi che scarpe usi e ti dirò chi sei

I modelli e i colori delle scarpe denotano particolari che incuriosiscono e intrigano. Scarpe trasgressive, sportive, con tacco alto, con tacco basso, scarpe da ginnastica, infradito, sandali e tanti altri modelli. Scarpe nere: sinonimo di eleganza e di raffinatezza ma se il tacco è a spillo diventano un simbolo della notte, della seduzione e della trasgressione. Scarpe rosse: sinonimo di vita, energia e forza. Il colore dell’amore puro, ma è anche il colore della passione e della sessualità sfrenata. Scarpe bianche: sinonimo di purezza. Chi sceglie questo colore rifiuta tutto ciò che è scuro e incomprensibile. Scarpe con lucchetti, fibbie, borchie, anelli e lacci, che avvolgono e risaltano la caviglia e che richiamano le perversioni indicano di sottomissione all’amante, dominio della donna oggetto di amore, conquista e attenzione. Scarpe con i fiocchi stanno ad indicare l’attenzione e la curiosità che la donna vuol proporre all’osservatore, un pizzico di frivolezza, di volubilità, di leggerezza. Scarpe all’inglese, tipo militare: persone d’ordine, solide, che vogliono marciare verso la loro strada “senza bagnarsi i piedi”. Scarpe scamosciate, multiuso, più resistenti, pratiche a tenere in ordine, da fuori strada, per “affrontare tutte le situazioni”.

Tratto dal libro “Dalle radici al cielo – costellazioni familiari nel mito e nell’arte con la riflessologia plantare” di Manuela Mariani – Ed. Argo Editore

Autrice: Manuela Mariani

Per sorridere un po’

Un tizio entra in un negozio di scarpe e chiede di provarne un paio. Decisa la scelta, chiede al commesso  di provare il numero 40.
Il commesso: ” Mi scusi signore, ma il suo piede non è un 40 ma un 42″.
“Si lo so! Però abbia pazienza mi porti da provare il 40”, ribadisce il cliente.
Senza replicare il commesso tira giù dallo scaffale le scarpe scelte numero 40. Dopo faticosi tentativi per far entrare la scarpa in quel piede dal numero 42 finalmente si raggiunge l’obiettivo. Nonostante le sofferenze nel calzare quelle trappole, il tizio continua testardamente a camminarci emettendo gemiti accompagnati da smorfie di dolore.
A questo punto il commesso si incuriosisce e sfacciatamente chiede: “Mi scusi signore, ma perché si ostina tanto a calzare due numeri in meno quando potrebbe acquistare un paio di scarpe della sua misura e starci comodo?”.
” Vede caro signore”, risponde educatamente il cliente, “Mio figlio si droga e mia figlia fa la vita, mia moglie mi ha lasciato per un altro e anche in ufficio ho problemi con i miei colleghi che mi rendono quelle ore di  lavoro insopportabili. La mia vita é un’amarezza e l’unica soddisfazione che mi rimane é quella di tornare a casa, togliermi le scarpe e provare una GRANDE  SODDISFAZIONE!!!”.

Pover’uomo! Lui non sa che i piedi rappresentano il nostro avanzare nella vita. Rimanere stretto nelle sue scarpe significa che non vuole assolutamente rivedere la sua condizione e nonostante tutto prova anche del piacere a fare la vittima.

I piedi ci permettono di spingerci in avanti e di conseguenza di avanzare, ma anche di bloccarci e, conseguentemente, di rimanere sulle nostre posizioni. Il piede quindi, rappresenta il mondo delle posizioni, l’estremità manifesta la nostra relazione con il mondo esterno. Simboleggia i nostri atteggiamenti e le nostre posizioni affermate e riconosciute, il nostro ruolo ufficiale.
I piedi dei grandi maestri spirituali erano e sono tuttora venerati, di fatto in questo modo, si onora il loro progresso spirituale.
I piedi, sono il simbolo della libertà perché consentono il movimento, tanto è vero che in Cina i piedi delle donne venivano fasciati per impedirne la crescita limitandone il potenziale di mobilità. Senza andare tanto lontano, anche in occidente la moda richiede scarpe con tacchi a spillo e altissimi per corrispondere a un certo schema di seduzione.

Nella Riflessologia Plantare si suddivide il piede in tre parti: anteriore, mediano e posteriore; si ha così la possibilità di riconoscere se vi siano carichi che possano provocare disequilibrio e come questi siano distribuiti attraverso la nostra visione del mondo. La parte anteriore del piede rappresenta il modo in cui si procede nella vita, l’azione, il modo comportamentale per il raggiungimento degli obiettivi.
La parte mediana, o arco plantare, è l’integrazione tra il passato e il presente.
Nella parte posteriore, nel tallone, troviamo le nostre radici, è la struttura , la base, la zona che rappresenta il bagaglio di esperienze passate.

Inoltre, non dobbiamo trascurare l’importanza dei messaggi che le dita del piede trasmettono:

L’alluce rappresenta la personalità dell’individuo, la capacità di governare sul proprio territorio personale;
L’illice o melluce (il secondo dito), rappresenta la direzione della nostra vita, l’autorità che abbiamo nel proporci all’esterno;
Il trillice (terzo dito), rappresenta la sessualità, la creatività e il piacere;
Il pondulo (quarto dito), è il campo affettivo, l’unione con ciò che amiamo;
Il minolo o mellino (quinto dito), rappresenta l’ascolto di se stessi, la capacità di introspezione, l’intuizione.

Allora? Cominciamo a ragioniamo con i piedi?

Autrice: Manuela Mariani

La podomanzia

la forma dei piedi ovvero lo Specchio del Sé Superiore

Nell’antica Cina, le donne con i piedi piccoli rappresentavano la quintessenza della bellezza. Per incarnare questa idea della bellezza, i piedi delle bambine venivano fasciati per impedirne la crescita: per generazioni le donne cinesi si sottomisero agli ideali inventati dall’uomo i quali, sapevano molto bene ciò che stavano facendo. Continua a leggere

Il mito di Efesto

Il dio zoppo

Nella mitologia greca, molte divinità ci parlano del significato dei piedi che a livello simbolico rappresentano la nostra anima.
A tal proposito vorrei parlare di Efesto, un dio rifiutato dalla madre.
Efesto, noto ai romani come Vulcano, era il dio storpio del fuoco. Sembra che fu proprio Era, (per i romani Giunone) sua madre a precipitarlo giù dall’Olimpo perché non conforme alle sue aspettative.
Rifiutato e scaraventato giù dal famoso monte, non era apprezzato nell’arrogante regno di Zeus (Giove, per i romani), dove quello che contava era il potere e le apparenze.
Il più sfortunato e probabilmente il più infelice degli dei, era deforme, non conosceva con sicurezza le proprie origini, non era accettato ed era sfortunato in amore. Ma era un genio creativo e l’unico dio che lavorava.
Per quanto riguarda le sue origini, secondo la versione più nota, fu un’Era indispettita a dare i natali a Efesto per partenogenesi, come vendetta nei confronti di Zeus che aveva partorito Atena dalla testa.
Mentre Atena però, era perfettamente formata, Efesto nacque con un piede storpio.
Questo difetto umiliò Era, la quale vedendolo, rifiutò il figlio appena nato e lo scaraventò giù dall’Olimpo.
Efesto fu rifiutato anche dal padre Zeus, che regnava sul monte incontestato da tutti gli dei. L’Olimpo gli fu sempre ostile anche quando divenne adulto, tanto che quando vi si recava, era trattato da buffone e ridicolizzato. Nel suo elemento però, il lavoro nella fucina, il maestro artigiano Efesto usava il fuoco e gli strumenti del mestiere (acqua, terra, aria), per trasformare la materia grezza in oggetti di grande bellezza.
Questo lavoro alchemico, nasce dal fatto che Efesto, dopo essere stato scacciato, cadde sulla terra per essere adottato da due dee terrestri che gli diedero la possibilità di redimere se stesso. Darsi questa possibilità, simbolicamente, è un’espressione del creatore ferito e lascia queste tracce di dolore nel piede, primo elemento organico che ha contatto diretto con la Madre Terra.
L’archetipo Efesto, trasmette un profondo istinto a lavorare e a creare dalla “fucina dell’anima” attuando un processo alchemico di trasformazione liberando la bellezza e l’espressività.
Efesto, come ho già detto, era l’unico dio dell’Olimpo che aveva subito un danno fisico alla nascita, l’unica delle divinità più importanti ad essere portatrice di un’imperfezione. Egli fu escluso dall’Olimpo perché era nato con un piede storpio, il che offendeva sua madre Era e suo padre adottivo Zeus.
La deformità fisica di Efesto non può essere separata dalla ferita emotiva provocata in lui dai genitori. Come conseguenza della sua menomazione fisica e del rifiuto subito, egli divenne il dio della fucina, l’architetto dell’istinto a lavorare come modo per crescere e per guarire dalle ferite emotive.
Efesto fu respinto appena nato, quando sua madre Era, priva com’era di senso materno, vide il suo aspetto deludente e se ne liberò: un destino condiviso, a livello metaforico, da molti altri bambini che sono rifiutati emotivamente ma anche materialmente e quindi abbandonati, peggio ancora, gettati nella spazzatura, come purtroppo spesso accade.
I bambini che non sono tenuti in braccio e toccati, hanno difficoltà nella crescita e per mancanza di contatto fisico il neonato può anche morire.
Anche se il bambino rifiutato sopravvive, ciò nondimeno il danno psicologico gli provoca un danno emotivo.
Vorrei concludere con un commento di James Hillman, scrittore junghiano: I nostri genitori sono coloro che ci hanno ferito. Ognuno di noi porta una ferita genitoriale e ha un genitore ferito. L’immagine mitica del ferimento o del genitore ferito diventa l’affermazione psicologica che “il genitore è la ferita”.
Efesto in questo lavoro di trasformazione, ci insegna a utilizzare in maniera vantaggiosa le nostre ferite facendole diventare padre e madri del nostro destino.
Tratto dal libro “Dalle radici al cielo – costellazioni familiari nel mito e nell’arte con la riflessologia plantare” di Manuela Mariani – Ed. Argo Editore

autrice: Manuela Mariani

Benessere senza farmaci

Molto spesso donne che si trovano a vivere momenti di fragilità emotiva o condizioni di disagio prolungato tendono ad abusare di farmaci: antidepressivi, ansiolitici, sonniferi e quant’altro, aldilà delle stesse prescrizioni mediche. Vi si ricorre per affrontare angoscia, insicurezza, ansia, paure apparentemente difficili da sostenere o più semplicemente per provare a condurre una vita meno stressante. Continua a leggere